Il via libera è arrivato all’ora di cena. Insieme alla certezza che il Piano del paesaggio della Toscana è tornato sui binari originari. Con un impianto all’avanguardia e di esempio per l’intero paese, studiato con certosina pazienza in quattro lunghi anni di lavoro dall’assessora Anna Marson, nella consapevolezza di dover comunque governare i fisiologici cambiamenti operati sul territorio dalla mano dell’uomo. “Il Piano – ha certificato Enrico Rossi – intende offrire una cornice di regole certe, finalizzate a mantenere il valore del paesaggio anche nelle trasformazioni di cui è continuamente oggetto”. Il consiglio regionale lo ha approvato con il sì dei 32 consiglieri di centro e di sinistra, e il no dei 15 di centrodestra.

Quanta fatica però. Anche se il ricandidato presidente regionale del Pd ne ha rivendicato la paternità (“è il mio piano, non quello del governo”), è fuor di dubbio che un intervento decisivo per sbloccare una situazione diventata kafkiana sia arrivato dal ministero dei beni culturali. La cui firma sul provvedimento è obbligatoria – già una volta il piano era stato rinviato al mittente – e che ha svolto, insieme a Rossi e alla stessa Marson, una vera e propria riscrittura del Piano. Mossa obbligata, dopo lo stravolgimento operato in commissione da parte di un ampio pezzo di Pd che non si rassegnava allo stop di consumo del suolo. Uno stop che peraltro era stato già deciso nel Piano di indirizzo territoriale, di cui il Piano paesaggistico è una integrazione.

Emendamento su emendamento, le originarie norme di salvaguardia elaborate da Anna Marson, docente di tecnica e pianificazione urbanistica all’ateneo veneziano, erano state progressivamente stravolte. Su tutti, avevano fatto inorridire gli emendamenti che facevano ripartire le escavazioni del marmo sulle Apuane in maniera pesantissima (via libera alla riapertura di cave dismesse, cave secolari, anche cave su vette e crinali ancora integri), e quelli che nei fatti riaprivano all’edificazione costiera anche sul lungomare, e perfino sugli arenili.

Le polemiche che ne sono seguite, e che hanno portato il ministro Franceschini a prendere pubblicamente le difese dell’assessora Marson (“lei è stata capace di mettere d’accordo Asor Rosa e Settis, Repubblica e Corriere della Sera…”), hanno riportato il Piano toscano del paesaggio alle sue coordinate originarie, grazie a un super-emendamento coordinato in sede ministeriale. “Il testo che emerge dopo la presentazione del maxi emendamento è un buon risultato – certifica Monica Sgherri di Rifondazione – perché riporta il piano sostanzialmente a quanto adottato nel luglio scorso. Quindi cancellando quello stravolgimento, soprattutto in tema di escavazione sulle Apuane e di salvaguardia delle coste, perpetrato in commissione”.

Il risultato è stato l’ok al Piano anche di Sel, Prc e Pcdi, che pure corrono alle elezioni regionali in alternativa al Pd e a Enrico Rossi, sostenendo l’ottima candidatura di Tommaso Fattori. Sul fronte opposto, il ritardo nel via libera è stato provocato dall’ostruzionismo di Forza Italia e Fdi, che hanno deposto le armi solo dopo aver ottenuto di veder monitorati gli effetti del Piano sulle attività estrattive. A cose fatte, Enrico Rossi ha ricordato: “Non è vero che discutere col ministero è stato umiliante, il paesaggio è un bene tutelato dall’articolo 9 della Costituzione, che rende necessaria la copianificazione. E’ la nostra identità, il nostro marchio nel mondo, bellezza che si è prodotta anche attraverso il lavoro. E con il piano siamo riusciti a ricostruire l’equilibrio necessario”.