Farad Khosrokhavar, sociologo franco-persiano, è direttore di ricerca del EHESS (Istituto studi di scienze sociali) di Parigi. Assieme al sociologo britannico Jim Beckford ha svolto negli scorsi anni una ricerca comparativa sui musulmani in carcere tra Francia e Gran Bretagna. Dal corpus di testimonianze l’autore ha poi «estratto» quindici interviste in profondità a giovani rinchiusi nelle carceri francesi per crimini legati ad attività terroristiche. Questi 15 giovani hanno accettato di essere intervistati fornendo un documento utile per comprendere la soggettività e il «paesaggio mentale» di un islamista radicale che solitamente scompare per lasciare spazio al terrorista. Le interviste sono pubblicate in un testo edito da Grasset intitolato «Quand Al-Qaida parle».

La totalità degli intervistati è ossessionata dalla depravazione morale dell’occidente. L’omosessualità è vista come espressione di bestialità e disumanizzazione, le donne occidentali, che osano trasgredire regole fissate da Allah, sono considerate impudiche e anche il matrimonio, nel contesto occidentale, perde il suo valore vincolante. Questa corruzione morale rende irrecuperabili gli occidentali e l’unica soluzione è la guerra contro coloro che sono «contro natura». La scelta di questi terroristi non viene da un deficit di modernità ma da una sovraesposizione all’occidente ed è il frutto di una reazione che fa seguito a rigetto, umiliazione e perdita di onore. Gli intervistati parlano almeno tre lingue e non vengono da lontane caverne. Questi fattori non bastano a fornire una spiegazione del fenomeno che si scatena soltanto dopo un contatto dei militanti con reti organizzative e leader carismatici in grado di assoldare e indottrinare i terroristi. Gli scienziati sociali che si sono avvicinati al fenomeno dei «Martiri» e del terrorismo di matrice islamista, come Khosrokhavar, M. Bloom o D. Gambetta, ci aiutano a non cadere nell’errore di spiegazioni «monocausali». Non basta appellarsi ai valori guerreschi dell’Islam, alla povertà o al desiderio di vendetta per le guerre occidentali; questi fattori vanno messi tutti in campo e sono in relazione tra loro.

La percezione di subire delle umiliazioni è una delle cause maggiori che hanno spinto gli intervistati a diventare jihadisti. Nel testo sono elencati tre tipi di umiliazione: l’umiliazione corporale, l’umiliazione per procura, l’umiliazione che si infligge. L’umiliazione corporale è quella che subiscono i palestinesi ai checkpoints israeliani, quella inflitta dai soldati russi ai giovani ceceni o dai poliziotti ai giovani delle banlieues. Quando soldati o poliziotti perquisiscono una casa e costringono le donne che vi abitano ad esporsi senza velo il «pudore islamico» viene offeso. L’umiliazione per procura è la trasposizione immaginaria, operata da islamici che vivono in occidente, di sventure capitate a musulmani in altre parti mondo come la Palestina o l’Iraq. L’odio per gli ebrei israeliani viene così trasferito su tutti i francesi, in particolare se ebrei, che opprimerebbero i giovani magrebini delle periferie. Esiste un “ebreo immaginario” considerato occidentale per eccellenza e alleato degli Stati Uniti contro l’islam.
Il terzo tipo di umiliazione è quella inflitta ai non-musulmani e vede l’islam capace di annichilire l’occidente con la sua forza. Laddove il cristianesimo arretra avanza l’islam. Vi è in questa visione una legittimazione dell’ «imperialismo islamico» che prevede un diritto all’espansione.

Khosrokhavar ci fornisce poi una interessante classificazione degli islamisti. Chi aderisce al terrorismo islamista può essere inserito in quattro categorie: l’islamo-nichilista, l’islamo-pletorico, l’islamo-individualista, l’islamo-fondamentalista.

Alla prima figura di islamista corrisponde il ritratto di Mohammed Bouyeri, l’omicida di Theo Van Gogh. Si tratta di figure che trovano nella religione una risposta a uno stato di profondo malessere, giovani oggetto di esclusione economica e sociale come i marocchini in Olanda o i pachistani in Inghilterra. Sono mossi dall’umiliazione e dalla negazione di dignità e conoscono poco l’Islam. Vivono in comunità destrutturate fuori dai modelli di riferimento politici e religiosi della famiglia di provenienza.

L’islamo-pletorico conosce l’islam e attribuisce significato religioso ad ogni azione della giornata. Questi uomini hanno autorevolezza, possono richiamarsi al Corano e alla Sunna e diventano leader. La loro visione si nutre di odio verso l’occidente corrotto e decadente e di volontà di affermazione dell’islam anche in terre non musulmane. Gli attentatori dell’undici settembre avevano questo ritratto.

L’islamo-individualista pone se stesso prima della causa e rifiuta il modello di integrazione universale transalpino cui viene preferito quello anglosassone che riconosce agli individui diritti religiosi. La cittadinanza francese rappresenta la negazione dell’individualità.

L’islamo-fondamentalista è invece un individuo che reagisce al malcontento rifugiandosi in gruppi neo-comunitari con strutture settarie e ferme nei loro convincimenti religiosi. Queste organizzazioni sono comunemente dette neotradizionaliste e rispondo a gruppi legati alla Fratellanza musulmana. Secondo l’autore sono un argine contro il terrorismo anche se portatori di proposte religiose non compatibili con il diritto occidentale.