Era scomparsa dopo le prime sei puntate, nonostante ne fossero state realizzate dodici, con la vaga promessa di un ritorno nel gennaio 2016 poco confortata però da ascolti che non avevano soddisfatto la Rai. Eppure la serie Non uccidere, creata da Claudio Corbucci, è apparsa da subito rispetto al «formato» delle serie nostrane un oggetto eccentrico per qualità alta nonostante qualche automatismo di sceneggiatura – del tutto rimediabile, e nulla rispetto all’orizzonte chiuso delle serie di punta della televisione pubblica – smussato da una rara cura di regia e direzione degli attori (di Giuseppe Gagliardi) messi in grado di recitare, che di solito è inesistente. Il carattere «sperimentale» era sottolineato anche dalla collocazione, Raitre, quasi una scommessa di «formazione» del pubblico.

 

 

Visto però che gli altri sei episodi erano già pronti, Non uccidere riparte il prossimo 9 gennaio (Raitre, ore 21.45) per la seconda serie, protagonista Miriam Leone ben diversa dalla «Dama velata» per intensità e spessore. Valeria Ferro, il suo personaggio, è un giovane ispettore di polizia della squadra omicidi di Torino che alla vita professionale intreccia, a volte con alto rischio, i fantasmi della sua infanzia, il padre della cui morte è stata incolpata la madre (Monica Guerritore) che la ragazza, allora ancora bambina, ha cancellato nettamente dalla sua vita.

 

 

Nella sua ricerca di una verità personale, l’ispettore proietta sentimenti e sensibilità sui casi, storie di un paesaggio italiano spesso ispirato dalla cronaca. La nuova serie si muoverà tra licei, night club, teatri mentre la giovane donna continuerà a cercare le risposte alla sua privatissima indagine…
Certo la famiglia è sempre il nucleo narrativo centrale (sembra che sia impossibile altrimenti in Rai) ma le atmosfere, lo stile, i colori dark, quasi onirici, i ritmi sospesi del racconto guardano alla serialità internazionale, o almeno ci provano.

 

 

Tempo fa, il direttore generale della Rai Campo dall’Orto, in una intervista esibiva come prodotto di punta della serialità nazionale la serie È arrivata la felicità dove l’innovazione – rappresentare tutti i possibili stati sociali, coppie lesbiche, famiglie allargate ecc ecc della società italiana, quello che peraltro la politica continua a non considerare – sfumava infine nel tranquillizzante siparietto famigliare a qualità visiva zero. Non uccidere è invece un punto di partenza nuovo, non sarà anche la giusta direzione?