«Salveremo di nuovo la Galassia?» «Sì». «Mitico. Potremo alzare molto i prezzi se salviamo la galassia due volte» (dialogo tra Rocket e Peter Quill). I numero due, si sa, fanno sempre un po’ paura, specie se gli originali hanno avuto moltissima fortuna, persino inaspettata, da innescare il «classico» meccanismo seriale. Ecco che dunque, tre anni dopo, tornano i Guardiani della Galassia, la meravigliosa «band» outsider di James Gunn, un ritorno attesissimo, e annunciato e non solo per il successo (incredibile) planetario del primo film. Già lì, infatti, Gunn lasciava aperte piste da percorrere, interrogativi sospesi, desideri fluttuanti a cominciare dal segreto che accompagnava il protagonista, quasi suo malgrado capo della «band», Peter Quinn/Star Lord, il ragazzo metà terrestre metà celeste, arrivato nello spazio con un unico ricordo del passato terrestre, un vecchio walkman, molto vintage e l’Awesome Mix di canzoni lasciate dalla mamma amatissima e perduta.

Passando al lato b della cassetta, Gunn non perde l’energia iniziale, forte anche dell’allenamento di giovinezza alla Troma Films (dove ha realizzato un Tromeo and Juliet), e prova a innescare la stessa allegra spudoratezza in questo numero due con un budget ancora più grande, il 3D, la scommessa di non cadere nella ripetizione di quel suo universo popolato di assassini, ladri, cacciatori di taglie – spesso coloratissimi – e i compagni eroi del ragazzo «transgender» (né terrestre né celeste) Rocket un procione geneticamente modificato cattivissimo e sboccato che fa sempre la cosa sbagliata, o almeno quella che provoca dei casini enormi, l’alberello umano Groot in versione Baby un po’ incantato e un po’ disobbediente (nell’originale ha la voce di Vin Diesel), Gamora (Zoe Saldana), la ragazza con la pelle verde bellissima e spietata, Dux, l’uomo coperto di cicatrici Dux (Dave Bautista).

Questo Awesome Mix 2 di cui Gunn scrive a di nuovo insieme a Nicole Perlman la sceneggiatura riesce a miscelare ancora una volta con precisione avventura e tempi comici, originalità e citazione, i riferimenti a Guerre stellari specie nelle bettole galattiche, e quelli intertestuali che rimandano alla colonna sonora delle nuove canzoni di Peter Quill che vanno da Mr.Blue Sky (una vecchia hit ’70 degli Elo) a Flash Light (dei Parliament) al finale con il Cat Stevens di Father and Son lacrima facile ma anch’essa sotto controllo. E Father and Son, Padre e figlio, è il tema che guida l’episodio, le storie che vi si inanellano intorno sono accessorie, pretesto per spingere all’estremo l’effetto del 3D come se si suonasse una chitarra elettrica al massimo volume.

I nostri eroi sono incaricati da un popolo di perfetti che si considerano superiori, fanatici e altezzosi ovviamente di colore oro di recuperare delle preziosissime batterie piene di energia, che Rocket, più acido e irriverente che mai, non riesce a non rubare provocando l’inevitabile scontro con reazione a catena.
Nel volume b del Mix però c’è soprattutto qualcos’altro: i lati nascosti e appena suggeriti dei personaggi, i loro dolori antichi, i loro sentimenti, quella tensione che come in una commedia romantica fluttua sospesa tra Gamora e Peter («non detti»), i nuovi incontri che alla fine riportano sempre al padre, sognato come nel caso di Peter che non l’ha mai conosciuto, o odiato se ti ha fatto troppo male e trasformato in una macchina da guerra. Ma se il padre si chiama Ego – con la faccia di Kurt Russell – come quello che si palesa a Peter potrebbe essere molto pericoloso, persino più dell’amletico fantasma del padre che pure sappiamo è stato terribile.

Padre e figlio. E padre e figlie. Padri «biologici» e padri acquisiti a cui forse si vuole più bene o che si scopre essere stati più importanti del padre vero. In questo passaggio di generazioni umane e non solo (ma dire quella tecnologica sarebbe spoiler) Gunn racconta legami molto poco convenzionali (specie oggi, nell’era del tripudio familista) allargando l’idea di famiglia alla complicità e al sostegno reciproco, all’amicizia che uniscono i suoi personaggi, pronti a ritrovare vecchi nemici e a scoprirne le debolezze insieme alle proprie, a combattere e a ostentare una durezza che nasconde sempre qualcos’altro. I padri, ce lo avevano detto già è sempre bene liberarsene specie se troppo ingombranti o se ossessionati da sé. Il resto è una nuova canzone forse d’amore. E l’infinita galassia che già sappiamo ritroveremo presto.