Disse qualcuno che un grande regista dev’essere un pittore. Deve scegliere lo sfondo adatto, saper giocare con la scena e i suoi colori, con le sue luci e i suoi significati. La ventiquatresima Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, organizzata da Libera e da Avviso pubblico, ha scelto come sfondo le strade di Padova, i suoi marmi e i suoi palazzi, gli ampi slarghi, i canali. E poi, all’orizzonte, i verdi colli euganei e gli altipiani, così distanti dal mare, così diversi dalle riarse terre di Sicilia, della Campania e della Calabria.

LA LOTTA ALLA MAFIA SI SPOSTA a Nord-est, nel ventre dei centri produttivi, nel cuore della nuova criminalità, dove la mafia non fa rumore e non grida, ma inquina, corrompe, manipola. La marcia della Legalità, in contemporanea con gli altri eventi che hanno animato ieri varie città d’Italia, è partita alle 9 da Piazzale Boschetti e si è snodata tra le vie della città fino a Prato della Valle dove sono risuonati i nomi delle vittime innocenti delle mafie.

Il corteo dei 50mila inonda le strade con striscioni e bandiere: presenti i sindacati, gli universitari e varie associazioni politiche e culturali, moltissimi i giovani da ogni parte d’Italia. Incontriamo Chiara, di Bassano del Grappa, attende in piazza il discorso conclusivo di don Luigi Ciotti: «È giusto prendere una posizione decisa – dice . È giusto stare dalla parte di chi combatte tutti i giorni per questo nobile obiettivo, perché lo fa per tutti quanti». «Io sono qui per l’importanza di avere una memoria viva», risponde invece Giulia di Vicenza «una memoria che sia rivoluzione delle coscienze». Sono tantissimi i giovani arrivati di buon mattino. Ma la composizione della marcia è composita: ci sono amministratori pubblici, associazioni, imprenditori minacciati dalla mafia ma non votati alla rassegnazione del silenzio.

ALLA TESTA DEL CORTEO accanto al fondatore e presidente di Libera, marciano i familiari delle vittime di mafia, instancabili nel chiedere da anni, da decenni giustizia per i propri familiari ammazzati dalla criminalità organizzata ancora senza nome. Dietro stanno il prefetto Renato Franceschelli , il sindaco Sergio Giordani, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho. Tra i partecipanti anche l’ex presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi e Maurizio Landini, segretario della Cgil.

IN MATTINATA ARRIVA anche il messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, personalmente segnato dalle efferatezze di Cosa Nostra che nel gennaio del 1980 uccise suo fratello Piersanti: «Vogliamo liberare la società dalle mafie. È un traguardo doveroso e possibile, che richiede a tutti impegno, coerenza, piena coscienza delle nostre responsabilità di cittadini». Il lungo corteo colorato arriva verso le 12 all’appuntamento clou della manifestazione, dove è previsto l’intervento di don Ciotti. Un discorso, il suo, come sempre appassionato, durissimo contro la mafia ma anche contro il razzismo, le politiche che criminalizzano i migranti. Ciotti insiste sul ruolo sociale e politico della scuola e del lavoro nella lotta alla criminalità, ringrazia la forza di tutte le donne che con il loro impegno civile portano avanti, ogni giorno, la battaglia per un futuro diverso. «Basta a quel distorto modo di vedere e di sentire che antepone l’interesse privato a tutto e per alimentarlo non si fa scrupolo di violare leggi e di costruirle a propria misura», tuona don Ciotti dal palco. «Mafiosità significa anche questo, mettere l’io davanti a tutto. Non possiamo dimenticare la natura parassitaria delle mafie e della corruzione che rodono il tessuto sociale».

[do action=”citazione”]Mafiosità significa mettere l’io davanti a tutto, come la corruzione è parassitaria: rodono il tessuto sociale.
La cura della natura e quella per la dignità delle persone sono la stessa cosa[/do]

POI LA SFIDA ALLA NUOVA MAFIA che in Veneto e nel Nord avvelena i settori produttivi e minaccia l’ambiente, come testimoniano i recenti casi legati alle ecomafie che hanno procurato al Veneto l’appellativo di «nuova terra dei fuochi». «Siamo chiamati a una nuova conversione ecologica, dobbiamo smettere di pensare la società e l’ambiente come dimensioni separate, come realtà distinte. La cura della natura e l’impegno per la dignità delle persone sono la stessa cosa».

Concetto, questo, per nulla scontato in una regione travagliata dall’esteso inquinamento della terra e delle acque e maglia nera per il consumo di suolo. In conclusione don Ciotti rivolge un appello contro il clima di odio e razzismo che in Italia, e in Veneto in particolare, ha gettato radici profonde e pericolose. «Non accettare le fragilità degli altri significa non riconoscere le proprie. Io sto con la nave Mediterranea, io sto lì, per salvare le vite. E sto anche con tutti quelli – e sono tanti, associazioni, gruppi – che ci mettono la faccia, sto anche con l’amico Roberto Saviano che scrive parole per graffiare le coscienze».

LA GIORNATA È PROSEGUITA con una serie di seminari tenuti nelle sale del centro patavino. In particolare si è parlato del ruolo degli amministratori locali nella lotta alle mafie, tema cruciale e non trascurabile dal momento che, con la scomparsa dei partiti di massa, la posizione degli amministratori appare sempre più fragile e vulnerabile. In collaborazione con i sindacati Cgil, Cisl e Uil si è discusso poi delle infiltrazioni mafiose nei luoghi di lavoro e negli appalti, questione scottante nel nord Italia dove i casi Expo e Mose hanno rivelato ampie faglie di illegalità e infiltrazioni criminali. Infine, presso l’Auditorium del Centro Culturale Altinate San Gaetano, si è tenuta la conferenza «Le Mafie nel Triveneto, dal passaggio al radicamento».