Sulla roulette della prossima legge di bilancio il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan continua a puntare tutte le carte sull’1% del Pil nel 2017. Indietro non si torna a poco meno di due mesi dal referendum costituzionale del 4 dicembre. Nell’audizione di ieri in Parlamento sulla Nota al Def ha scartato le articolate perplessità dell’Ufficio parlamentare del Bilancio (Upb) che solo la settimana scorsa aveva giudicato la stima del governo ispirata a un «eccessivo ottimismo».

L’analisi dei dati disponibili, ad oggi, sulla crescita porterebbe invece a «ipotizzare rilevanti scostamenti in eccesso della crescita reale e nominale anche per il 2018». Padoan ci ha pensato su per sette giorni e si è ripresentato in audizione facendo finta di nulla: «C’è uno scarto contenuto, che a noi sembra non significativo» ha detto. Tra «rilevante» e «contenuto» ci sono parecchie sfumature, in effetti. Non c’è accordo nemmeno su quanto sia la differenza: per i tecnici è dello 0,3% del Pil, per Padoan è dello 0,2%. «Riteniamo di confermare la previsione di crescita del pil reale di 0,8% per quest’anno. Inoltre, l’effetto di trascinamento sul 2017 aumenta lievemente il che fornisce un ulteriore supporto alla previsione del governo» ha aggiunto il ministro.

Riparte così l’estenuante e fondamentalmente tragico bailamme sui decimali di una crescita che non si vede e non crea occupazione fissa, ma appassiona tecnici e governo. La situazione è surreale: il governo deve ancora mettere in bella copia la composizione della manovra. Il disegno di legge di Bilancio non è stato ancora discusso e approvato dal Consiglio dei ministri ed è, a detta di Padoan, ancora passibili di variazioni fino alla fine della settimana. Per il momento la discussione prosegue al buio e, forse, terminerà quando il fatidico documento sarà stato inviato ai ragionieri di Bruxelles. Dando vita a un nuovo giro di giostra, ma a quel punto con qualche certezza in più nel gioco del vedo-e-non-vedo dei numeri.

Lo scontro con l’Ufficio Parlamentare di Bilancio è dovuto al fatto che non può validare le stime indicate dal governo con l’aggiornamento del Def. Il via libera potrà arrivare se il «documento programmatico di bilancio» conterrà previsioni «diverse». Questo si è letto in una lettera ai presidenti delle Camere, letta in apertura dell’audizione di Padoan. L’ostinazione del governo si fonda su una regola: il «comply or explain» che non lo obbliga ad adeguarsi agli avvertimenti dei tecnici. All’esecutivo è richiesto solo di spiegare i motivi «per i quali ritiene di confermare le proprie valutazioni o conformarle a quelle dell’ufficio», ha scritto il presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro. Resta il fatto che la manovra era, e resta, bocciata, mentre si continua a ragionare su astrazioni statistiche. In attesa dell’approvazione del disegno di legge, continua il muro contro muro. Nel caso in cui l’Upb validasse il Def, il governo sarà tenuto a spiegare le ragioni a Bruxelles.

Secondo Padoan le misure della manovra porteranno a un aumento del Pil dello 0,4% che, aggiunto allo 0,6% di crescita nel quadro tendenziale, arriva all’incremento dell’1% stimato. L’indebitamento netto sarà invece pari al 2%. Resta stabile la previsione dello 0,4% del Pil sugli eventi eccezionali – migranti e terremoto. Dopo l’appoggio del commissario Ue Moscivici dovrebbe essere acquisito. «La Commissione è pronta a considerare alcune spese come rifugiati e terremoto – ha detto ieri entrando all’Eurogruppo – ma deve essere fatto nel quadro delle regole, non fuori, quindi flessibilità sì, ma giocare con le regole no». «Noi rispettiamo le regole» ha alzato le mani Padoan. Un’affermazione impegnativa: in sei mesi la previsione del deficit all’1,8% è stata corretta al 2%. Dopo il terremoto di agosto potrebbe arrivare al 2,4%: un’oscillazione di 7,7 miliardi nel 2017.