Cantautorato heavy metal, è una definizione possibile? Pare di sì, ascoltando il nuovo album dei Bachi da Pietra, band che unisce due eccellenze dell’underground italico, Giovanni Succi che già coi Madrigali Magri si distingueva per l’approccio intimamente oscuro dei testi, e Bruno Dorella, attivissimo polistrumentista all’opera con Ovo e Ronin. Questo 2015 è un anno ricco, se è vero che i Bachi festeggiano i dieci anni di vita. E il nuovo album Necroide è in realtà la seconda uscita dell’anno, a cinque mesi di distanza dall’ep Habemus Baco. Saranno molte anche le date che i Bachi faranno su e giù per l’Italia da qui alla fine dell’anno, in più di un concerto accompagneranno Il Teatro degli Orrori. Fin dal primo pezzo le intenzioni sono chiare: Black metal è il mio folk, come a ribadire che anche la violenza sonora può essere la base di canzoni che parlano in modo esplicito dei problemi del nostro tempo.

«La mia vuole essere una fotografia del presente, il richiamo alla situazione attuale è chiarissimo» spiega Succi, «e mi piaceva l’idea di scrivere delle canzoni che sono profondamente pacifiste nelle intenzioni, ma attraverso un linguaggio musicale portato all’estremo, che ben rappresenta la contemporaneità, che si adatta perfettamente all’utilizzo del metal. Negli anni Sessanta le canzoni erano scritte attraverso il folk, formula che funziona ancora oggi. Io ho voluto rifarmi alle mie radici, il mio Bob Dylan erano i Black Sabbath.

L’heavy metal è un linguaggio popolare come qualsiasi altro». L’impatto del duo, divenuto sempre più potente con le ultime uscite, descrive bene l’atmosfera dei nostri tempi. Già nell’ep di pochi mesi fa Succi reinterpretava un testo di Giovanni Papini, Amiamo la guerra, che metteva in evidenza la seducente retorica interventista, pezzo fatto uscire non a caso nel centenario del 1915, anno in cui per l’Italia cominciava la Prima Guerra Mondiale. Necroide riparte da qui per volgere però lo sguardo al presente, ad un tempo carico d’odio e di spaventate reazioni di chiusura alla diversità. «Necroide cerca di fare da specchio alla contemporaneità» continua Succi, «spesso mi capita di sentire discorsi al bar, in cui tutti ucciderebbero qualcuno. C’è una violenza che pervade tutto e abbiamo cercato di raccontarla. Il rock’n’roll ti porta a concentrarti su quello che ti accade attorno e in qualche modo fare arte è già prendere una posizione».

L’album è ambivalente tuttavia, e se da un lato affronta le conseguenze estreme di una società richiusa su se stessa, dall’altro, giocando sui temi della morte, del nero, apre prospettive nuove, anche musicali. Alle sfuriate metal si alternano inserti di black music ad esempio, «e se ci pensi tutti i primi chitarristi heavy metal, dagli Iron Maiden, ai Saxon, a Lemmy dei Motorhead, erano tutti grandi fan di Jimi Hendrix, il primo a usare la chitarra in modo così estremo; e cosa c’è di più nero della negritudine di Hendrix?».