Quella italiana non è un’agricoltura marginale. Al contrario, nell’Ue, l’Italia si conferma primo paese per valore aggiunto e terzo per valore della produzione agricola (2019). Il paese «detiene il primato anche per quanto riguarda il lavoro in agricoltura, per numero di occupati nel settore primario, con 1 milione e 125.000 lavoratori, seguita da Spagna e Francia». Questo è il lavoro censito, poi c’è quello irregolare (che sull’intera economia vale 78,5 miliardi di euro). E da ultimo il lavoro illegale, invisibile, schiavo. L’agricoltura ha un posto rilevante in tutte queste categorie. Un settore fondamentale in cui si concentra il lavoro dipendente è l’ortofrutta, dove il solo valore della coltivazione degli ortaggi supera i 7 miliardi nel 2019, ponendoci al primo posto in Europa. La questione del lavoro per la Pac si traduce semplicisticamente in soldi, quelli che vanno alle aziende in modo diretto ed automatico 1e quelli che vanno attraverso i programmi di sviluppo rurale. Per l’Italia, le risorse finanziarie disponibili sono state pari, dal 2014 al 2020, a circa 52 milioni di euro.

Vale la pena di ripetere che la ripartizione dei pagamenti per ettaro e non per lavoratore incoraggia la crescita delle dimensioni delle aziende agricole senza sostenere l’occupazione. Infatti, in media, più grande è l’azienda agricola, meno lavoratori sono impiegati per ettaro ma maggiore è la quota dei sussidi pubblici rispetto al reddito agricolo. E’ in questo contesto che bisogna leggere2 alcune novità emerse dalla riforma della nuova PAC approvata dal Parlamento europeo. L’obbligo per gli stati membri di includere nei loro Piani strategici – lo strumento per ripartire i fondi europei dentro un paese – un sistema di condizionalità sociale a cui sottoporre il versamento ed il mantenimento dei sostegni finanziari previsti dalla Pac per le aziende agricole. Certo le aziende potranno sfuggire a questo requisito ma altri strumenti – almeno sul piano formale – sono elencati nei testi approvati dal parlamento europeo e permetteranno agli stati membri, se non saranno cancellati da questi stessi, di avere riferimenti efficaci. Riferimenti come i contratti collettivi di lavoro, ma anche, oltre ai trattati europei, i trattati e le normative internazionali. 4Per noi, ad esempio, un riferimento certo è la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei contadini e di altre persone che lavorano in zone rurali approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite(2018) con previsioni come «Articolo 2. 1. Gli Stati devono rispettare, proteggere e soddisfare i diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano in zone rurali…»

A questo proposito vorremmo evitare che la condizionalità sociale non figuri negli impegni del Governo portando a giustificazione una visione trionfalista della cosiddetta legge contro il caporalato. A giudizio di molti, in particolare di organizzazioni sindacali come l’Usb, i risultati sono estremamente scarsi e i mezzi poco efficaci. Essa ha certamente migliorato gli strumenti penali di contrasto ma senza politiche per fornire servizi adeguati a lavoratori e aziende agricole, arrestare i caporali e mettere sotto sequestro i loro furgoni, non ha efficacia per stroncare il traffico di braccia. La legge non identifica modelli di organizzazione e gestione de lavoro che assicurino efficacemente il rispetto dei contratti. E’ inutile sgomberare i ghetti – come hanno fatto amministrazioni locali di destra e di sinistra – se non viene garantita una adeguata sistemazione abitativa ai lavoratori stagionali che ogni anno tornano sul territorio nel periodo della raccolta. Il lavoro irregolare è una componente strutturale e va rimossa con radicali cambiamenti nella struttura di aziende agricole che – anche grazie alle risorse pubbliche – possono accettare prezzi bassi per i loro prodotti. Condizionare questi cambiamenti alla fruizione di risorse pubbliche è alla portata delle decisioni che il governo nazionale e le regioni prenderanno sia durante il negoziato per la definitiva approvazione della nuova Pac, sia, ancora più importante, nell’elaborazione dei piani strategici nazionali e la loro implementazione a livello regionale.

Non sarà molto difficile applicare gli strumenti disponibili, identificare dove andare a controllare se si considera che, in Italia, (dati 2018) le aziende agricole che ricevono, solo per il sostegno al reddito, fondi superiori a 300 mila euro annui sono in totale 259. Non un euro dei prossimi pagamenti diretti dovrà esulare dalla condizionalità sociale!