La Pac (politica agricola comune) appena votata dal Parlamento europeo dovrebbe essere una notizia. Poco più del 30 per cento del bilancio dell’intera Unione europea, è una fetta consistente di risorse che dovrebbero essere destinate a sostenere l’agricoltura degli stati membri.

Purtroppo, la notizia non c’è perché nulla è apparso diverso dalla strada tracciata dal Trilogo (Consiglio, Parlamento e Commissione) che aveva già condiviso un’operazione di intesa al ribasso.

A NULLA SEMBRANO valsi gli sforzi delle strategie europee che sembrano scritte da mani completamente diverse da quelle che oggi firmano la Pac. È imbarazzante aver lanciato ambiziose prospettive per un vero cambio di passo in Europa e non essere stati capaci di dare concretezza attraverso le politiche vere, quelle che definiscono l’indirizzo dei sostegni economici.

LA PAC APPROVATA NON sostiene in modo inequivocabile quell’esigenza di transizione ecologica che la crisi climatica oggi impone, non ha saputo cogliere l’occasione per incidere in una direzione coerente con quel Green Deal che sembrava aver avviato l’Unione europea verso un percorso rispettoso del futuro dei nostri figli e dei loro figli. Non lo fa per la conservazione delle risorse naturali, non lo fa per la conservazione della biodiversità, non lo fa per il sostegno di modelli agroecologici.

MANCANO POCHI GIORNI alla Giornata Mondiale del Suolo in cui sentiremo dell’inarrestabile perdita di suolo che dappertutto sta raggiungendo livelli indicibili. Continuiamo a sentire parlare di desertificazione, di una perdita di fertilità che rende i suoli sempre meno produttivi. È l’effetto dell’uso degli erbicidi, dell’accumulo di pesticidi, dell’intensificazione degli impianti e delle monocolture che richiedono elevati input energetici, mortificano la biodiversità e consumano moltissime risorse naturali.

È CONSEGUENZA di una zootecnia non più sostenibile i cui effetti più deleteri sono spesso riconducibili anche allo sversamento dei fanghi da depurazione fatti passare per fertilizzanti. Le strategie della Commissione europea avevano individuato nell’agricoltura biologica la via per una concreta transizione verso modelli di agricoltura sostenibile, rispettosa delle risorse naturali ed in grado di rafforzare il ruolo ecosistemico della biodiversità. Nei percorsi degli stati membri c’è una diffusa timidezza verso questi obiettivi e se manca il coraggio è inutile continuare a credere in un cambio di paradigma.

L’AGRICOLTURA INDUSTRIALE SI BASA su una visione completamente distorta delle relazioni tra gli esseri viventi che popolano il pianeta, dando centralità ad un modello antropocentrico che non ha futuro. E la Pac finisce per sostenere ancora questa visione continuando a dare prevalenza alla sostenibilità economica indipendentemente dagli effetti su quella ambientale. Sconvolgere questa visione richiede coraggio, quel coraggio che è mancato alla politica europea. Quel coraggio che manca in Italia per la definitiva approvazione della legge sul biologico e di un una norma che arresti il consumo di suolo.

OGGI L’ATTESA SI FONDA sulla responsabilità degli stati membri che lavorano sui Piani Strategici Nazionali della Pac su cui moltissime associazioni riunite nella coalizione CambiamoAgricoltura stanno vigilando con proposte concrete. Sarà già una rivoluzione in Italia riuscire a mettere a sistema un unico programma strategico che tenga conto delle naturali differenze territoriali, dal nord al sud del Paese, con modelli e vocazionalità agricole diverse e non sempre concilianti.

FIGURIAMOCI QUANTO RISULTERA’ complesso il salto verso una concreta transizione ecologica che passi per il rafforzamento dell’agroecologia senza una regia europea in termini di obiettivi precisi e indicatori misurabili. È di questi giorni l’analisi di alcune associazioni ambientaliste a livello europeo sull’impostazione degli ecoschemi che rappresentano forse l’unica potenziale innovazione con indirizzo ecologico all’interno della Pac. Pur basati su prime indiscrezioni, i dati sono sconfortanti, gli obiettivi sono spesso incoerenti e non sembrano in grado di contribuire al raggiungimento dei target di neutralità climatica auspicati dalla Commissione europea, rischiando di alimentare ancora modelli non sostenibili e di scavare il solco visioni opposte.

CHE FINE FARANNO DUNQUE I PICCOLI agricoltori europei? Dove finirà l’auspicata equità di accesso alle risorse europee per il rafforzamento della produzione agricola? Le Nazioni Unite spingono con Agenda 2030, hanno istituito la decade dell’agricoltura familiare proprio per suggellare l’importanza dell’agricoltura di piccola scala per una vera transizione ecologica.

MA QUANDO C’E’ DA METTERE NERO su bianco le politiche che danno forza reale a questa consapevolezza non si riesce a trovare una quadra. Sappiamo solo che l’occasione per una vera transizione ecologica è perduta. Continuiamo a sperare in un piano nazionale coraggioso che entro la fine dell’anno giunga a Bruxelles e dica che il nostro Paese punta in alto, senza se e senza ma. A sperare.