Le semplici regole di scrittura che le avevano assicurato un successo costante e senza frontiere per più di quarant’anni, le aveva rivelate al grande pubblico solo di recente in Talking About Detective Fiction, tradotto nel nostro paese con il titolo di A proposito del giallo, e pubblicato lo scorso anno da Mondadori. il suo editore italiano. Quattro i punti presentati come «decisivi»: «Un mistero centrale da risolvere, quasi sempre un omicidio; una piccola cerchia di sospetti; un detective, improvvisato o professionale ma che possa incarnare simbolicamente una qualche giustizia; un percorso a testa bassa verso la ricerca della soluzione».

Phyllis Dorothy James, meglio conosciuta come P. D. James, scomparsa giovedi nella sua casa di Londra a 94 anni, era nata a Oxford nel 1920, si era presentata così, sfoggiando il biglietto da visita di quello stile che le era valso il titolo onorifico di «regina del crimine» e, a coronamento di una carriera scandita da oltre una ventina di romanzi, molti dei quali divenuti dei bestseller in Gran Bretagna, i paragoni della stampa londinese con alcune delle pioniere del giallo, come Margery Allingham e soprattutto Agatha Christie.

Protagonista indiscusso di alcuni dei più noti lavori della scrittrice, l’ispettore e poi comandante a Scotland Yard, Adam Dalgliesh, un uomo segnato per sempre dalla perdita del figlio e della moglie morta di parto, incarna perfettamente quella volontà di iscriversi nella tradizione dei classici del genere che questi romanzi esprimono fin nei dettagli. Al tempo stesso sbirro e poeta, cerebrale e sensibile, provocatore e paziente, Dalgliesh inizia spesso le sue indagini fissando intesamente il volto della vittima, promettendo di rendergli giustizia acciuffando il suo assassino.

Altra caratteristica delle storie di P. D. James, quella di muovere sempre da un luogo preciso e facilmente riconoscibile, una chiesa, un tribunale, una scuola o un museo e di condurre il lettore a soffermarsi su quei dettagli apparentemente insignificanti che celano però indizi decisivi per la soluzione del mistero. Il tutto, seguendo Dalgliesh passo dopo passo, senza lasciarlo mai. «Uno scrittore – aveva confessato in un’intervista apparsa su Le Monde nel 2009 -, è qualcuno che va a dormire alla stessa ora dei suoi personaggi, che si alza con loro e che ne conosce, quando non le condivide, tutte le piccole manie quotidiane. Qualcuno che sa anche dove hanno “nascosto” le chiavi della macchina che non riescono più a trovare…».

Avvicinatasi alla scrittura grazie all’amore per autori come Dorothy L. Sayers, Graham Greene e Evelyn Waugh, anche se aveva più volte ammesso che il suo principale modello era Jane Austen del cui Orgoglio e pregiudizio ha scritto anche una sorta di seguito poliziesco, Morte a Pemberley.

P.D. James aveva pubblicato il suo primo romanzo solo nel 1962, Copritele il volto, protagonista Adam Dalgliesh, dopo che era stata dapprima costretta ad interrompere gli studi a soli 16 per volontà del padre, ultraconservatore, che riteneva che una giovane donna non necessitasse di una particolare istruzione, e poi dovendo trovare un impiego nella pubblica amministrazione per mantenere le figlie e il marito, un medico della Royal Army, tornato traumatizzato dalla guerra in India e che non si sarebbe mai più ripreso.

Spesso contrapposta ai più recenti autori di noir, perché considerata poco interessata alle contraddizioni sociali, la scrittrice britannica aveva stupito tutti, spiegando – l’intervista è citata da Luca Crovi nel suo Noir, istruzioni per l’uso, Garzanti – come in realtà, considerasse il romanzo poliziesco come «il vero romanzo sociale dei giorni nostri. Anzi, lo è stato fin dai suoi esordi: era più facile farsi un’idea di come fosse l’Inghilterra di un certo periodo attraverso questa letteratura di genere che attraverso i romanzi mainstream».

Nominata baronessa di Holland Park dalla regina nel 1990, P. D. James era entrata alla Camera dei Lords dove sedeva sui banchi del Partito Conservatore. Faceva anche parte della Commissiome liturgia della Chiesa anglicana, istituzione che aveva per altro passato al setaccio per scrivere Morte in seminario un romanzo popolato di prelati perversi e di preti pedofili.