Parafrasando Cechov, se su una scena compare una vasca con due pesci rossi, prima o poi qualcosa dovrà finirci dentro. La vasca sta, da un lato, sulla scena vuota di Overload, l’ultima creazione di Sotterraneo presentata a conclusione di Short theatre, il bel festival romano diretto da Fabrizio Arcuri. Al centro stanno invece un microfono e un attore, Claudio Cirri, che discetta sul livello di attenzione dei pesci rossi in confronto a quello umano, messo alla prova dal bombardamento di informazioni che ossessiona la modernità. Il «sovraccarico» del titolo. Sono uno scrittore americano, sono morto nel 2008, dice. Cioè, per dir meglio, un attore che interpreta la parte di David Foster Wallace. In effetti anche se manca la somiglianza, l’iconografia è rispettata. Indossa una bandana e la maglietta col nome dell’università californiana di Pomona dove tiene un corso, e in tasca tiene una pallina da tennis, lo sport preferito.

Lo spettacolo ne racconta una giornata di settembre come tante, che alla fine poi tale non lo è. Gli antidepressivi cui fa ricorso, la moglie Karen, il libro che sta scrivendo e l’ipertrofico Infinite jest, mille pagine più altre svariate centinaia di note, che molti considerano il suo capolavoro. E però nel racconto si innestano continue divagazioni e amnesie, girando intorno al tema più che mai d’attualità della possibilità di una vita reale. Senonché l’ascolto è continuamente frammentato, la scrittura di Daniele Villa prevede che gli spettatori possano richiamare dei «contenuti nascosti» quando compare l’apposito segnale. Sulla scena si proiettano allora una miriade di figure che in qualche maniera si rifanno al mondo di Forster Wallace ma tradotto nel gusto pop del collettivo toscano che qui sembra moltiplicarsi (sono Sara Bonaventura, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati, Giulio Santolini). Ecco un giocatore di football che si lancia in un placcaggio sullo scrittore, un incontro di tennis femminile con furiosi gemiti che alla fine si tramutano in un orgasmo, un nuotatore che si tuffa letteralmente fra gli spettatori e un pilota di formula uno, un combattimento di galli… Mentre risuonano più volte le note di Blue velvet e Smells like teen spirit dei Nirvana richiama la scrittura grunge di Foster Wallace.

C’è soprattutto il richiamo ripetuto a un mondo liquido che forse non è solo quello preconizzato dal filosofo Bauman. Fino all’apparire di un uomo pesce che può sopravvivere solo immergendo la testa nell’acqua dove nuotano i pesci rossi (sono finti, ci mancherebbe) ma preferisce estinguersi pur di provare la gioia tutta umana di un ballo. Un rumore di pioggia, lunghe cerate per proteggersi dal temporale… Sarebbe un finale perfetto.