Come spiega il suo autore, Boris Battaglia, in Gainsbourg – niente è già tanto pubblicato a marzo dalle edizioni Armillaria (pag. 215, Euro 12): «questo saggio è un rito apotropaico, il tentativo di esorcizzare una ossessione con cui mi confronto da almeno tre decenni». Nel dicembre 1985 Battaglia, 18enne, condivide per qualche minuto un ascensore del Westminster Hotel a Nizza con un tipo «dai capelli non propriamente puliti raccolti in un codino, barba di tre giorni, maglione sformato, jeans sdruciti, scarpette bianche, una Gitane accesa in bocca». Incuriosito lo segue al bar dell’albergo dove lo vede ordinare «probabilmente» uno Champagne Mule, un cocktail di vodka, champagne e lime. Il portiere dell’albergo gli rivela l’identità dello strano personaggio, è Serge Gainsbourg.
L’ossessione di Battaglia inizia poco dopo, quando in un negozio di dischi si trova come ipnotizzato dalla copertina di Love on the Beat, dalla quale un Gainsbourg truccato da donna «mi soffiava in faccia il fumo di una Gitane».
Oltre a ripercorrere minuziosamente le varie fasi dell’evoluzione musicale e la vita privata del cantante francese – che il 2 aprile scorso avrebbe compiuto 90 anni – il libro è ricco di preziosi aneddoti, retroscena, incisi, divagazioni, anche pettegolezzi in genere ignorati dai media che quest’anno hanno ricordato l’autore dai più conosciuto soprattutto per Je t’aime…moi non plus.
Uno dei tanti incisi degni di nota: la copertina di Love on the Beat è ispirata a Loretta Strong, eroina della pièce omonima messa in scena nel 1974 dall’argentino di origine italiana Raúl Damonte Botana, in arte Copi, ben noto fumettista, drammaturgo e attore – rifugiatosi a Parigi nel 1962 per sfuggire alla dittatura di Onganía – collaboratore di Hara-Kiri, Charlie Mensuel, Libération, attivista del «Front homosexuel d’action révolutionnaire», amico del gruppo Panico fondato da Fernando Arrabal, Alejandro Jodorowsky e Roland Topor.
Loretta Strong è la storia di una donna interpretata dallo stesso Copi, che vive sul terzo anello di Saturno, vuole coltivare l’oro e passa il tempo tra telefonate interstellari con la sua amica Linda e accoppiamenti con pipistrelli spaziali con cui partorisce frigoriferi.
Lucien Ginsburg, classe 1928, ebreo figlio di russi fuggiti in Crimea, nato a Parigi, cambiò il proprio nome in Serge Gainsbourg nel 1954, compilando il modulo di iscrizione alla Sacem, la Siae francese. Voleva essere un omaggio al pittore inglese Thomas Gainsborough, ma quel cognome era troppo lungo e nel modulo non c’entrava. Il suo viaggio nella musica era iniziato qualche mese prima, dopo aver sentito Billie Holiday cantare Gloomy Sunday al Ringside Jazz, poi divenuto Blue Note, aperto nel 1950 dal pugile americano Sugar Ray Robinson.
Il 1955 è per Gaisbourg un anno di svolta. Nel cabaret Milord l’Arsouille (Il signor mascalzone) suona il piano negli intervalli tra i recital degli artisti già affermati. Una sera è di scena Boris Vian, e per Gainsbourg è una folgorazione: «…mi arriva addosso con tutto il suo pallore, sotto le luci, mentre scaglia testi incredibili e incazzati addosso a un pubblico pietrificato. Mi ha sconvolto. Sulla scena aveva una presenza allucinata, a tratti morbosa. Era stressato, cattivo, sarcastico. Ascoltandolo mi sono detto: posso fare qualcosa in quest’arte minore». Sarà lo stesso Vian a scrivere nel 1958 su Le Canard Enchaîné una entusiastica recensione di Du chant à la une!, con la quale Gainsbourg dava il via alla sistematica destrutturazione della canzone sentimentale francese.
Agli inizi degli anni 60 trova ruoli di caratterista in film di serie b nel ruolo di cattivo per la sua bruttezza, «orecchie a sventola, naso sproporzionato, fisico esile…» e nel film Sexy Girl di Michel Boisrond conosce Brigitte Bardot. La relazione con B.B. per cui scrisse alcune canzoni durò dall’ottobre 67 al febbraio 68. Incisero insieme Je t’ aime…moi non plus ma B.B. sposata al miliardario tedesco Gunther Sachs pregò Gainsbourg di non pubblicarla. Uscì solo nel 1986 quando all’attrice le servì denaro.
In molti sui settimanali si chiedevano, come già ai tempi della sua relazione con Juliette Greco, cosa ci trovasse una bellezza come la Bardot in un uomo tanto brutto. La risposta la diede Marianne Faithfull: «con lui avevi la certezza, io l’ho sempre avuta, di uscire dalla camera da letto soddisfatta, molto soddisfatta». E sui motivi della rottura tra Gainsbourg e B.B. sempre Marianne: «Beh, tutti sappiamo che Brigitte Bardot è un’idiota».
Gainsbourg fumava tre pacchetti di Gitane senza filtro al giorno, 5 quando lavorava a un nuovo disco, aveva iniziato a 13 anni con le P4, i pacchetti supereconomici da 4 sigarette che hanno iniziato tanti ragazzi francesi.
Per chiudere in bellezza l’amore con B.B. pubblica il disco Initials B.B. e poco dopo sul set del film Slogan di Pierre Glimbat conosce la ventenne Jane Birkin, che amerà per 21 anni e con la quale inciderà la nuova Je t’ aime…moi non plus, uno «scandalo» internazionale che in poche settimane venderà 3 milioni di copie.
Quando Jane Birkin lo lasciò Gainsboug diede vita a un alter ego dissoluto, trasandato e alcolizzato, Gainsbarre, dietro al quale poteva nascondersi e proteggersi, ma la distinzione tra i due fin dall’inizio non fu mai netta.
Cinico, spesso ubriaco, illogico, sfrontato, volgare, delirante, provocatore trasformò la propria bruttezza in un arma di seduzione. E non smise di «giocare» nelle sue canzoni con la provocazione sessuale e non: da Lemon Incest duettato con la figlia 13enne Charlotte a Le Sucettes cantata da una ignara giovane France Gall, canzone a doppio senso sulla fellatio fino a Rock Around the Bunker dove canta l’omosessualità sottesa al mito della virilità ariana.
Dopo un’assenza di 14 anni dalle scene nel 1980 torna in tournée con il suo nuovo lp Aux armes et coetera. A Strasburgo la sala dove sta per esibirsi è presidiata da numerosi militari del Secondo Reggimento Paracadutisti della Legione Straniera, indignati per la Marsigliese reggae in programma. La tensione è palpabile, si temono tafferugli. Gainsbourg sale sul palco e a pugno chiuso attacca la versione classica dell’inno francese, i legionari scattano sull’attenti e cantano anche loro. Dopo le ultime note Gainsbourg rivolto ai legionari fa «il gesto dell’ombrello» e se ne va.
Muore il 2 marzo 1991 nel proprio letto per arresto cardiaco nel suo appartamento al 5 bis rue de Verneuil. Ai funerali al cimitero di Montparnasse c’è tutta Parigi e Catherine Deneuve legge Fuir le bonheur de peur qu’il ne se sauve, canzone scritta da Gainsbourg per Birkin. Il presidente Mitterand in un telegramma a Bambou, moglie di Serge, lo definisce: «notre Baudelaire, notre Apollinaire …il a eleve la chanson au rang de l’art».
In una intervista in tv con Fernand Pivot, parlando del suo aspetto fisico, Gainsbourg rispose: «la bruttezza ha questo di superiore alla bellezza, che dura nel tempo». Ma non era farina del suo sacco, lo aveva detto il filosofo tedesco Georg Christoph Lichtenberg.
Il libro di Battaglia è dedicato «a Marzia, che nonostante queste pagine continua a preferire Brel».