Una tirata d’orecchie per le modalità un po’ estreme della protesta, ma sostanziale apertura alle richieste degli ammutinati. Il presidente della Costa d’Avorio Alassane Ouattara prova ad archiviare così la crisi esplosa con alcuni settori dell’esercito (quelli che paradossalmente dovrebbero essere i più lealisti) e la brutta china che stavano prendendo gli eventi venerdì scorso, con la presa di Bouaké, seconda città del paese; e il rapido propagarsi della ribellione a suon di armi pesanti e kalashnikov non sempre puntati verso il cielo a Man, Korhogo, Odienne, Daloa, Daoukro e fin dentro Cocody, il quartiere chic della capitale amministrativa Abidjan, giù al sud, con il subbuglio che contagiava le truppe d’élite e i parà della base di Akouédo.

Dopo l’incontro con il ministro della Difesa Donwahi, che sabato sera si era precipitato a Bouaké ed era stato pure «trattenuto» per un paio d’ore nella sede della prefettura, gli ammutinati hanno rimosso i blocchi che impedivano l’ingresso alla città, «capitale» del nord e delle milizie che durante la guerra civile (2002-2007/2010-2011) sostenevano l’attuale presidente. Sono loro, i miliziani pro-Ouattara che dopo la cacciata di Laurent Gbagbo – o la sua cattura da parte delle teste di cuoio francesi, per essere poi consegnato alla Corte penale internazionale dove è tuttora sotto processo – nel 2011 erano stati integrati nell’esercito. Da tempo chiedono soldi (arretrati e aumento di stipendio), chiedono la casa che gli era stata promessa dopo la «vittoria», chiedono promozioni più solerti.

Ouattara in un discorso televisivo ha assicurato che si farà carico delle «rivendicazioni riguardanti gli extra (ai militari era stata promessa tra l’altro una retribuzione anche per gli anni al servizio delle formazioni ribelli, ndr) e il miglioramento delle condizioni di vita dei soldati».

Nel caso, sarà il prossimo governo a occuparsene: da ieri quello guidato da Daniel Kablan Duncan è dimissionario. L’ammutinamento non c’entra, è solo che alle legislative del 18 dicembre scorso sono risultati eletti 17 esponenti dell’esecutivo. La Costituzione considera le due cariche incompatibili e allo stesso tempo obbliga gli eletti a sedere sul loro scranno all’inaugurazione della nuova Assemblea nazionale. Alla cui guida succede a se stesso l’ex premier e uomo chiave degli equilibri interni, Guillaume Soro.

Questa mattina Ouattara, che è all’inizio del suo secondo mandato quinquennale, dovrebbe annunciare il nome del nuovo vicepresidente e in pochi giorni dovrebbe essere varato il nuovo esecutivo.

L’attentato jihadista sulla spiaggia di Grand Bassam del 13 marzo scorso ha ufficialmente arruolato la Costa d’Avorio nella «guerra al terrore», che in questa zona dell’Africa occidentale è affare soprattutto di Francia e Stati uniti, con quel che ne consegue in termini di «cooperazione militare». Da qui l’arrivo imminente di armi ed equipaggiamenti moderni, annunciato dal governo. Ma anche di nuove reclute, dal momento che il problema dell’esercito ivoriano – poco più di 20 mila effettivi – è quello di avere in proporzione troppi graduati.