La notizia, arrivata in tempi di confinamento in casa, poteva far pensare all’ennesimo tour virtuale in uno dei tanti musei in giro per il mondo. Invece no: «Ötzi da casa» non annunciava un percorso negli spazi del Museo archeologico dell’Alto Adige a Bolzano (con cui collaboro da un paio d’anni come guida poliglotta), bensì la messa in rete di un’immensa banca dati con oltre 1.400 parole chiave, consultabile da ovunque nei quattro angoli del pianeta, essendo i testi in italiano, tedesco e inglese.

La casa dell’Iceman
L’idea era nata nel 2007 dalla collaborazione fra il Museo, l’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’Eurac Research (entrambi con sede a Bolzano) e realizzata poi in seguito soprattutto dallo stesso museo. «È allo stesso tempo un’opera di consultazione per esperti e una risposta all’esteso bisogno informativo che si manifesta ormai a livello mondiale, in un tempo in cui sempre più studenti e adulti svolgono ricerche di ogni tipo direttamente da casa», spiega Angelika Fleckinger, direttrice dal 2005 della casa che ospita l’Uomo venuto dal ghiaccio, meglio noto col nomignolo che gli venne assegnato dal giornalista viennese Karl Wendel nel suo articolo scritto per il quotidiano Wiener Arbeiterzeitung, appena una settimana dopo il ritrovamento del corpo il 19 settembre 1991: Ötzi. Nessuno, tanto meno il suo caporedattore, pensò allora che proprio questo soprannome avrebbe fatto il giro del mondo, imprimendosi nella memoria di tutti.

La parola chiave
L’«Iceman Database» è una banca dati che riunisce (quasi) tutte le informazioni note fino a oggi, sia per quanto riguarda la mummia sia per quanto riguarda gli altri reperti. Grazie a due filtri di ricerca, vale a dire all’opzione di scelta tra una ricerca per «interesse all’argomento in generale» o una per «aspetti scientifici», una volta digitata la parola chiave si ottengono risultati che spaziano tra le prime e le ultimissime scoperte. Se ad esempio per pura curiosità di attualità digitiamo virus e scegliamo la prima opzione escono due risultati per info&spiegazioni, una indicazione bibliografica e un autore. Cliccando la seconda opzione che riguarda gli aspetti scientifici, appaiono nuovamente due spiegazioni con più dettagli specifici, un’indicazione bibliografica con tanto di testo da scaricare in formato PDF da consultare sul proprio computer (ciò avviene quando si tratta di testi liberi da copyright, vale a dire: articoli pubblicati dallo stesso museo bolzanino o liberamente accessibili in rete, nella lingua originale di pubblicazione) e di nuovo un autore.

Qual è la differenza? Continuiamo col nostro esempio.
Per «interesse in generale» otteniamo le seguenti info&spiegazioni ripartite nei due campi colorati nello stesso colore del box che fornisce il numero, verde chiaro: 1) «Di sicuro Ötzi non aveva il Sars-Co-V2 dato che questo virus si è sviluppato soltanto a partire dal 2019. Di conseguenza la sua cella frigorifera è probabilmente il posto più sicuro di tutta Bolzano :-). Altri tipi di coronavirus furono individuati per la prima volta negli anni sessanta.» 2) Finora Ötzi non è ancora stato analizzato per quanto riguarda la presenza di virus.»
Per gli «aspetti scientifici» escono altre due info& spiegazioni: 1) «I virus c’erano anche nell’età del Rame e di sicuro anche le ricombinazioni tra virus animali e virus umani, vale a dire il superamento della barriera di specie, come nel caso del coronavirus. Al momento, però, nessuno può dire se si manifestassero con minore o maggiore frequenza rispetto a oggi. I virus di Ötzi saranno oggetto di futuri progetti di ricerca.»

2) «Ci sono considerazioni per future ricerche sui virus e Ötzi. È possibile individuare i virus in maniera diretta come accadde nel permafrost siberiano (nello studio di M. Legendre et al, In-depth Study of Mollivirus sibericum, a new 30,000-years-old giant virus infecting Acanthamoeba, in «Pnas», 112 (38), 2005) oppure attraverso sequenze virali integrate nel genoma dell’ospite (cfr. Suh et al., The genome of a Mesozoic paleovirus reveals the evolution of hepatitis B viruses in Nature Communications, 4, 2013).»

Il mondo della mummia
Come si nota, nel primo caso abbiamo una descrizione in un linguaggio comprensibile da chiunque, nel secondo si entra maggiormente nei dettagli utili agli esperti, allargandosi ad altre discipline. Va detto che una delle maggiori caratteristiche del caso Ötzi è il carattere interdisciplinare nelle ricerche attorno al mondo della mummia, che tra l’altro ha permesso di arrivare a risultati più precisi oltreché complessi, consentendo inoltre di aprire ulteriori finestre da indagare in seguito.

Infatti, i testi indicati per le due diverse modalità di ricerca sono nel primo caso un articolo in lingua francese, sin dal titolo più generalista (Le génome qui venait du froid – Il genoma che venne dal freddo – di G. Benhamou apparso nel 2008 sulla rivista di divulgazione scientifica Sciences et Avenir) e nel secondo caso ci viene offerto lo studio condotto all’Eurac di Bolzano da parte dei due ricercatori S. Hechensteiner e B. Baumgartner con link diretto all’articolo Ötzi und seine Untermieter (Ötzi e i suoi subaffittari, pubblicato nel 2017), in cui scopriamo che nello stomaco di Ötzi si è trovato l’helicobacter pylori che fa soffrire di mal di stomaco tante persone ancora oggi e dove il direttore dell’Iceman Institut di Bolzano, Albert Zink, spiega l’importanza di ricerche simili per la medicina contemporanea.

Altri esempi potrebbero essere legati a parole chiave legate al cappello in pelliccia d’orso, al mantello in pelle di capra e di pecora, all’arco e alle frecce con le punte in selce, all’ascia con lama in rame, ma anche al perché era morto o che cosa aveva mangiato poco prima…

Katharina Hersel, vicedirettrice del Museo Archeologico dell’Alto Adige, ha seguito sin dalle prime fasi l’ideazione della banca dati e ci spiega al telefono che era stata progettata da subito per essere trilingue. Uno dei motivi della realizzazione era la decina di mail al mese con richieste più disparate – che andavano dal voler sapere l’origine geografica esatta di Ötzi al fatto se avesse o meno carie nei denti, tutti ancora presenti nella sua bocca – a cui lei rispondeva caso per caso con un minuzioso lavoro tra ricerca e redazione. L’aspetto internazionale era fondamentale per garantire un accesso generale alle informazioni relative alle scoperte scientifiche compiute negli anni 1991-1998 (che corrispondono al periodo in cui la mummia era conservata e analizzata presso l’Università di Innsbruck, subito dopo il ritrovamento) e a tutte quelle svolte in seguito, a partire dal 1998, anno in cui la mummia e i reperti furono trasferiti al museo di Bolzano. Un vero e proprio tesoro di sapienza, questo Iceman Database, essendovi – come dice ancora Hersel – racchiusi anni e anni di lavoro non solo nelle conoscenze di ben due generazioni di studiosi, ma anche nella vasta collaborazione tra informatici, autori e coloro che hanno implementato i dati, collaborazione svolta pazientemente da innumerevoli colleghi e collaboratori che hanno partecipato alla creazione della piattaforma. Ovviamente è un interminabile work in progress, perché la ricerca è di per sé un campo in continuo movimento e su Ötzi in particolare si procede con argomenti e focus sempre nuovi. E – dulcis in fondo – ogni utente può segnalare mancanze o suggerimenti inviando una mail a science@iceman.it.

Il database (http://www.iceman.it/database/) è stato volutamente incorporato all’interno del portale del museo iceman.it, e collegato alla voce Ötzi presente nel menu orizzontale essendo quella la più consultata da chi visita il sito, e non come si potrebbe pensare gli orari di apertura e le info per i biglietti di ingresso… Un chiaro segno che l’interesse per la mummia è tuttora enorme. Lo riscontriamo giorno per giorno nel flusso di visitatori, nonostante le restrizioni dettate dalle norme igieniche che ne limitano l’accesso a ottanta persone per volta, e dalla grande richiesta di visite guidate, appena ripartite.