«Sì sono malato e sto ricevendo le cure necessarie». Con un laconico comunicato, il braccio destro e portavoce ufficiale di Vladimir Putin, Dmitry Peskov, ha annunciato di aver contratto il Covid-19 e di trovarsi ora ricoverato in clinica.

Buona parte della gerarchia del potere russo è stata colpita dall’infezione negli ultimi giorni. Il premier Mikhail Mishustin aveva annunciato il 30 aprile di essere stato contagiato e il primo maggio, a sua volta, era stato il ministro delle Costruzioni, Vladimir Yakushev, a rivelare di essere ricoverato per coronavirus. Infine il 6 maggio, la ministra della cultura, Olga Lyubimova, aveva riferito di essere risultata positiva a Covid-19.

Peskov è stato visto in compagnia di Putin non più tardi del 30 aprile, ma il numero 2 del Cremlino ha inteso tranquillizzare l’opinione pubblica, affermando di non aver più incontrato il presidente da allora.

L’inizio della «Fase 2» non è stato proprio fortunato. Ieri, per numero di infezioni, la Federazione ha superato anche la Spagna e si colloca ora solo dietro agli Stati uniti (seppur largamente distanziata), con 232mila casi registrati. Ma quello che fa più paura in queste ore è lo stato di sicurezza degli ospedali e delle case di cura per anziani.

All’alba di ieri – secondo quanto riportato da Interfax – il malfunzionamento dell’impianto di iperventilazione nell’unità di terapia intensiva dell’ospedale di San Giorgio a San Pietroburgo, dove erano ricoverati 20 malati di coronavirus, ha provocato un incendio: 15 persone sono state poste in salvo ma cinque sono purtroppo decedute.

Sull’accaduto è stato aperto un procedimento penale per verificare le eventuali responsabilità, ma purtroppo non si tratta di un caso isolato. Solo tre giorni fa un paziente, anch’esso infettato, è morto in un incendio verificatosi nel reparto di terapia intensiva del policlinico Spasokukotsky di Mosca.

A quanto pare entrambi gli impianti di iperventilazione dei due ospedali erano stati acquistati dal governo russo da una stessa azienda nella regione degli Urali e ora magistratura e forze dell’ordine vogliono vederci più chiaro.

Il caso più grave però è quello avvenuto la notte scorsa quando a causa di un incendio di una casa di riposo di Krasnogorsk, una cittadina non lontano da Mosca, sono morti undici pensionati.

Come riportato dalla Tass, nove persone sono morte a causa dell’avvelenamento da monossido di carbonio mentre due sarebbero decedute a causa delle gravi ustioni subite su tutto il corpo. Nell’ospizio vivevano 29 pensionati di età compresa tra i 66 e i 97 anni.

Sulla tragedia  sono emerse le responsabilità del titolare della casa di riposo. Gli investigatori hanno avviato un procedimento penale ai sensi dell’art. 238 del codice penale della Federazione (prestazione di lavoro o prestazione di servizi che non soddisfano i requisiti di sicurezza) e arrestato l’imprenditore che si è dichiarato colpevole.

«Secondo quanto sta emergendo l’indagato aveva affittato una casa di campagna con un impianto elettrico desueto per usarla per gli anziani», è quanto sostiene la polizia russa.