Era una delle richieste del centrodestra al premier Draghi: asciugare l’assetto del Comitato tecnico scientifico, dargli un portavoce unico. L’ex coordinatore Miozzo la scorsa settimana ha dato le dimissioni spiegando che la funzione del Cts sarebbe cambiata, più operativa. E magari più controllabile per l’esecutivo. Nelle scorse settimane i malumori erano venuti fuori: gli esperti non sono stati consultati per il nuovo piano vaccinale. Ieri l’annuncio del riassetto. I componenti si riducono drasticamente da 26 a 12, coordinatore il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli, il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro portavoce unico. I due rappresentano la continuità con la gestione del Conte 2. La nuova governance viene stabilita con un’ordinanza del Capo dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio, d’intesa con la presidenza del Consiglio dei ministri, lo scopo «razionalizzare le attività al fine di ottimizzarne il funzionamento».

Saranno coinvolti anche «esperti del mondo statistico, matematico-previsionale o di altri campi utili a definire il quadro epidemiologico e a effettuare l’analisi dei dati». Tra i componenti, un membro designato dalle regioni e province autonome e uno indicato dalla Protezione civile. Nel comunicato seguono i nomi: oltre a Brusaferro e Locatelli, Sergio Fiorentino (con funzioni di segretario), Giuseppe Ippolito (direttore scientifico dello Spellanzani), Cinzia Caporale (presidente del Comitato Etico Spallanzani), Giorgio Palù (presidente Aifa), Giovanni Rezza (direttore generale del ministero della Salute). E ancora: Fabio Ciciliano (segretario uscente), Sergio Abrignani (laureato a Padova, cattedra a Milano), Alessia Melegaro (alla Bocconi), Donato Greco.

Tra i 12 c’è anche l’ingegnere padovano Alberto Giovanni Gerli che, con lo scoppio della pandemia, si è cimentato nell’analisi del contagio attraverso un modello matematico che poi ha utilizzato per il gioco del bridge, sua passione. Non sappiamo com’è andata con le carte ma, rispetto al Covid, aveva pronosticato: «A fine febbraio il Veneto zona bianca». Le donne calano da 5 a 2. Escono gli esperti del policlinico Gemelli di Roma, fuori anche Ranieri Guerra (nell’occhio del ciclone per il mancato aggiornamento del piano pandemico). Mentre (entrambi all’Aifa) esce Nicola Magrini ed entra il veneto Palù, vicino al governatore Zaia. La componente cattolica che piace al centrodestra segna anche un altro punto. La ministra per gli Affari regionali di Fi, Mariastella Gelmini, ha nominato ieri il professor Roberto Cauda, ordinario di Malattie infettive presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, come componente del tavolo tecnico che effettuerà la revisione dei parametri per la valutazione del rischio epidemiologico.

Sono stati 20.396 i nuovi casi di Coronavirus ieri in Italia su 369.375 test. Il tasso di positività è sceso al 5,5%. In forte aumento i decessi, 502: era dal 26 gennaio che non si superava quota 500. Prosegue anche la netta crescita dei ricoveri: i pazienti in terapia intensiva sono 99 in più, 3.256 in totale. I ricoveri ordinari sono aumentati di 760 unità, 26.098 in tutto; in isolamento domiciliare 507.761 persone. La Regione con il maggior numero di nuovi casi è stata la Lombardia (4.235) seguita da Campania (2.656), Emilia Romagna (2.184), Piemonte (2.074) e Veneto (1.901).

A preoccupare è la tenuta degli ospedali, i dati dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali certificano il peggioramento. Secondo l’ultimo monitoraggio aggiornato a lunedì, l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva si attesta in media al 35%, oltre la soglia critica del 30%. Sono 13 i territori sotto stress: Abruzzo (40%), Emilia Romagna (49%), Friuli Venezia Giulia (40%), Lazio (31%), Lombardia (51%), Marche (57%), Molise (51%), Bolzano (33%), Trento (53%), Piemonte (44%), Puglia (33%), Toscana (40%) e Umbria (53%).

Iss, Aifa, Inail e ministero hanno diffuso le nuove raccomandazioni: anche chi ha ricevuto il siero può andare incontro all’infezione, ma con un rischio ridotto, inoltre «la durata della protezione non è stata ancora definita». Chi ha già avuto il virus gode di «un effetto protettivo» con una durata mediana di 5 mesi. Alle persone con pregressa infezione «un’unica dose ad almeno 3 mesi di distanza dall’infezione ed entro i 6 mesi». A chi ha un’immunodeficienza il siero subito con due dosi. Anche i vaccinati devono andare in quarantena dopo un contatto stretto con un positivo. La distanza minima quando si consumano bevande e cibo senza mascherine è di 2 metri.