Tappeti rossi, mise da grandi occasioni, star e starlette uniti per una notte, quella del 2 marzo, che vedrà assegnati al Kodak Theatre di Los Angeles – per la ottantaseiesima volta – gli Oscar del cinema. Una serata condotta dalla divina Ellen DeGeneres, tra le prime attrici a fare coming out (in tempi non sospetti), che in qualche modo dovrà far da spartitraffico sul palco per gestire la «ressa» di superstar pronte a consegnare la statuetta ai vincitori.

Una lista interminabile, annunciata proprio in queste ore sul sito degli Academy Awards, composta da stelle vecchie e nuove del firmamento cinematografico a stelle e strisce, dove fra gli altri scopriamo i nomi di: Amy Adams, Kristen Bell, Jessica Biel, Jim Carrey, Glenn Close, Penélope Cruz, Sally Field, Harrison Ford, Jamie Foxx, Andrew Garfield, Jennifer Garner, Anne Hathaway, Goldie Hawn, Chris Hemsworth, Samuel L. Jackson, Angelina Jolie, Michael B. Jordan, Matthew McConaughey, Ewan McGregor, Kim Novak, Brad Pitt, Sidney Poitier, Gabourey Sidibe, Charlize Theron, John Travolta. Una lista a cui si aggiungono i quattro annunciati a gennaio, Daniel Day-Lewis, Anne Hathaway, Jennifer Lawrence e Christoph Waltz, i quattro attori che si sono aggiudicati gli Oscar nelle passate edizioni.

Ma all’apparente sicurezza degli organizzatori, fa da contrasto un timore che serpeggia a Hollywood, e che viene confermato anche da un articolo pubblicato dal New York Times. Secondo il quale sulla festa del cinema per eccellenza – già da qualche anno in crisi di audience tv – tira un’aria di tensione se non di palpabile depressione.

Una crisi di appeal confermata anche dalla decisione – mai avvenuta prima – di posticipare la cerimonia al 2 marzo per evitare il sovrapporsi (e la concorrenza) televisiva dei Giochi di Sochi. Poi – sempre il Nytimes – azzarda l’ipotesi estrema: alle grandi produzioni forse degli Oscar importa sempre noto. Quello a cui invece ambiscono, sono le nomination che garantiscono alle produzioni che potremmo definire di «maggior impegno» di avere maggiore visibilità. Di certo il 2013/2014 è stata invece un’annata storta, e opere come Dallas Buyers Club, Her, Nebraska e Philomena hanno raccolto al botteghino cifre deludenti per gli standard del mercato americano.