Tutto è cominciato con la polemica di Spike Lee: è il secondo anno consecutivo in cui neanche un african American  è candidato agli Oscar come miglior attore, mentre film ad argomento «black» come Straight Outta Compton – che pure ha avuto un buon successo – non sono stati presi in considerazione fra i nominati al miglior film. Il regista di Fa la cosa giusta ha anche chiamato al boicottaggio della cerimonia degli Oscar, che si terrà a Los Angeles il 28 febbraio, a cui tra gli altri ha aderito l’attrice Jada Pinkett-Smith. È però confermato che Chris Rock condurrà comunque la cerimonia.

 

 

Un articolo di ieri del New York Times paventa un cambio di direzione della stessa Academy in seguito alla polemica che ha scosso Hollywood: pare che si potrebbe decidere di aumentare i nominati a miglior film da otto a dieci, in modo da dare più spazio alla «diversità», regola peraltro che è stata in vigore tra il 2010 e il 2011 nel tentativo di non escludere film popolari come Il cavaliere oscuro dalle nomination rendendo così la premiazione meno rilevante.

 

Stesso discorso per i candidati al titolo di miglior attore o attrice, che potrebbero addirittura raddoppiare, anche se la «regola» dei cinque nominati è in vigore dagli anni Trenta, e cambiarla potrebbe offendere qualche tradizionalista.

 

 

Impossibile sapere quale direzione intendano prendere gli oltre 6000 membri votanti dell’Academy, i quali però potrebbero costituire parte del problema: l’ultimo sondaggio del Los Angeles Times ha infatti svelato che sono composti al 94% da bianchi e al 77% da uomini, molti di loro piuttosto avanti negli anni. Una delle riforme verso cui ci potrebbero essere delle spinte è infatti proprio quella del sistema di voto, cercando di estromettere perlomeno quei membri che non sono attivi nel cinema da oltre una decade.

 

Fino alla prossima riunione dei 51 esponenti del corpo dirigente, il 26 gennaio, queste restano solo illazioni, anche se il New York Times ha riportato un’affermazione del Presidente dell’Academy, Cheryl Boone Isaacs, per il quale verranno compiuti dei «passi importanti» e una revisione immediata del metodo di reclutamento dei membri.
Sulla polemica è intervenuto anche Dustin Hoffman, che si è detto «per la prima volta lieto di non essere stato candidato», aggiungendo che gli Stati Uniti soffrono di un «razzismo subliminale».