Nella categoria «documentario» l’Academy ha nominato «The Act of Killing» di Joshua Oppenheimer e Signe Byrge Sørensen, insieme a «Cutie and the Boxer» di
Zachary Heinzerling e Lydia Dean Pilcher, «Dirty Wars» di Richard Rowley and Jeremy Scahill, «The Square» di Jehane Noujaim e Karim Amer, e «20 Feet from Stardom». Il film di Oppenheimer è senz’altro tra i favoriti considerando anche i molti premi ottenuti nel mondo. É più sorprendente invece che nella categoria dei film stranieri ci sia « L’immagine mancante di Rithy Pahn», anche questo un «documentario», che un programmer un po’ prevedibile inserirebbe in un doppio programma con «The Act of Killing». Entrambi, infatti, raccontano un massacro di milioni di persone, uno in Indonesia, l’altro in Cambogia, pure se in modo opposto.
Sui nostri siti, in rete, su ogni media e probabilmente al bar si parla solo di Sorrentino, e il tricolore sventola come nemmeno ai mondiali di calcio. Il tifo pro-Grande bellezza è sfegatato. Il fatto è che mentre si parla sempre di crisi del cinema italiano, finalmente si può dire, e con la stessa retorica, che il cinema italiano torna a vincere ecc ecc. Che poi le nomine agli Oscar non corrispondano a una forza di immaginario (nazionale, meticcio, oltreconfine quant’altro) poco importa. Del resto: quanti si ricordano che l’ultima nomination nel 2006 per un film italiano nella cinquina andò a «La bestia nel cuore», film davvero improponibile che pure aveva conquistato i gusti (ineffabili?) dei componenti dell’Academy. Poco male.
Io tifo Rithy Pahn anche se qualcuno (rubo la citazione) mi dice che è come tifare Inter in questo campionato. Certo i film più appetibili, dal punto di vista della statuetta, sono spariti e la strada per Sorrentino ora è un po’ più semplice. Ma, come detto, le vie dell’Academy sono ineffabili.