Un tuffo nella contestazione giovanile degli anni Settanta, le immagini amatoriali in bianco e nero dei ragazzi al Be-In, il raduno rock della controcultura musicale, tenutosi al Parco Kennedy di Napoli, nel 1973. «Facitece trasì/ giù le reti/ concerti gratis» scandisce il pubblico all’esterno delle transenne. Dentro tremila persone nel grande spiazzo dei Camaldoli dove si esibiscono i nomi di punta dello sperimentalismo italiano d’allora, dai Saint Just al Banco del Mutuo Soccorso, da Franco Battiato a Shawn Phillips e naturalmente gli Osanna, organizzatori del festival (nato sull’esempio di un analogo Be-In californiano) ed esponenti di rilievo del progressive – il pop/rock contaminato con vari generi, dal classico al jazz – dopo la pubblicazione dei loro primi lavori discografici, L’Uomo (1970), la colonna sonora di Milano Calibro 9 scritta insieme a Luis Bacalov (1972), Palepoli (1973). I cinque ragazzi cresciuti tra il Vomero e l’Accademia di Belle Arti – Lino Vairetti voce e chitarra, Danilo Rustici chitarra, Elio D’Anna flauti, Lello Brandi basso e Massimo Guarino batteria – erano la bandiera di una rivoluzione culturale fatta di contaminazione tra musica, teatro, arti sceniche.

EBBERO SUBITO SUCCESSO, vincendo il festival Pop d’Avanguardia e Nuove Tendenze di Viareggio nel 1971, per la loro performance molto curata presto portata in tour per tutta la penisola. Vestiti con un saio d’apparenza monacale, con i volti dipinti di vari colori ispirati alle maschere di Picasso e una musica accattivante, molto influenzata dal sound inglese, gli Osanna presentavano uno spettacolo assai brillante, con la presenza di mimi e danzatori, da un lato seguaci del Living Theatre, un progetto intento alla ricerca ed alla sperimentazione di nuove forme di linguaggio, dall’altro attenti ai nuovi ritmi ascoltati dagli apparecchi a transistor sulle frequenze di Radio Caroline e Radio Luxembourg. Sono le radici di quel Neapolitan Power, le sonorità affascinanti del periodo, la nascita di tanti gruppi «alternativi» lontani dalla secolare tradizione melodica partenopea, fortemente vicini alla musica afroamericana, soul, funky e rythm’n’blues, suonata dai marines e dalle bande stanziali alla base Nato di Bagnoli, quello spicchio di United States in fondo al viale, dove si compravano stereo, alcol e sigarette esentasse.

UN’ONDATA SONORA che ha ribaltato la città, con tanti personaggi e gruppi vivaci con un forte impegno civile, dalla spiccata matrice libertaria, come gli Showmen, il Balletto di Bronzo, Alan Sorrenti, Tony Esposito, Edoardo Bennato, Roberto De Simone e La Nuova Compagnia di Canto Popolare, tutti con la voglia di paesaggi sonori avanzati, spesso recuperando i valori umani della tradizione (nel 1971 c’è l’ultimo Festival della Canzone Napoletana, affondato poi da litigi, ripicche, minacce e scarsa organizzazione, nel film compare Pino Mauro), il crudo dialetto popolare, la voglia di ribellione.

DA LÌ ARRIVA Osannaples, omaggio a un periodo storico importante della cultura musicale, sociale e politica di Napoli, un film documentario di 110 minuti, di Deborah Farina, regista giovane ma già esperta in ambito rock e grande fan della band, presentato e premiato in numerose rassegne, col debutto al 7° Seeyousound Festival di Torino per celebrare il cinquantennale della band, raccontato anche nel libro L’uomo: sulle note di un veliero, scritto dal giornalista Franco Vassia per Iacobelli Editore con tutta la storia del gruppo e una nutrita serie di aneddoti e fotografie. In quella casa vicino alla funicolare di Via Cimarosa, la storica abitazione di famiglia, dove tutto è cominciato, si riuniscono i cinque musicisti a commentare i 50 anni di storia degli Osanna. «La nostra vita è stata spesa in un’unica direzione, costruire musica di valore, spesso ci siamo riusciti e siamo stati accompagnati dall’entusiasmo del pubblico» – racconta Danilo Rustici, il chitarrista hendrixiano sfegatato, scomparso l’anno scorso, che infilava un accenno di Bandiera Rossa dentro gli assoli più infuocati, ai tempi d’oro. «Dal 1978, l’anno di Suddance con cui vincemmo il premio della critica discografica fino al 1999, il gruppo era definitivamente sciolto anche se io e Danilo continuavamo a sentirci e scambiarci audiocassette – ricorda Lino Vairetti, cantante e rifondatore della band, l’unico componente ancora in attività, da poco ha festeggiato i 70 anni – nel 1999 al Neapolis Rock Festival ci fu il rientro degli Osanna che ha coinciso anche con la creazione dell’etichetta discografica Afrakà. La formazione attuale è molto rinnovata comprendendo il batterista Gennaro Barba, Irvin Vairetti (tastiere e voce), Sasà Priore (tastiere), Pasquale Capobianco (chitarra), Nello D’Anna (basso). E rinforzata spesso dalla presenza di David Jackson, sassofonista ex Van Der Graaf Generator».

PROPRIO SEGUENDO Vairetti in un suo viaggio introspettivo, dal promontorio di Pizzofalcone alle cave tufacee di Pozzuoli fino alle grotte di Castelcivita, il film mette in fila numerosi brani musicali, da Mirror Train a L’uomo del prog, da ‘A zingara a Il castello dell’Es, insieme ai materiali d’epoca e al diluvio di interviste stile televisivo, compresa una registrazione inedita di un giovane Pino Daniele datata 1975. La narrazione procede per alcune rappresentazioni oniriche, proiezioni in un inconscio abitato dai suoi personaggi, spesso presenze fantasmatiche, come gli ancestrali sacerdoti e la figura fantastica del vecchio incensiere, uno dei personaggi di Palepoli come gli altri il Diavolo, il Re e il Mago di El Tor, rimasti incatenati negli abissi del buio della sua coscienza, per molti anni. Oggi Osanna brilla nell’alto del sole rosso, il Giappone, dove sono stati spesso per concerti e hanno registrato gli album Rosso Rock (2012) e Live in Japan (2017). In preparazione ci sono un disco nuovo, Il diedro del Mediterraneo, quasi terminato e un Dvd con materiale inedito e live di concerti italiani. «L’uomo, la terra, il cielo, il mare/ Creare, creare, ovunque creare/ Il sole, la luce, il freddo, il calore/ L’amore, l’amore, ovunque l’amore».