L’onda del guano in pienacambia verso. L’inchiesta della Procura sul «sistema Mose» (con appendici Expo) ha certificato il lato B del berlusconismo veneto: da Galan a Chisso e Lia Sartori. Adesso tocca al Partito democratico versione business oriented e sussidiario alle coop.

Giorgio Orsoni è stato «liberato» ieri mattina, grazie alla lunga deposizione di lunedì e al patteggiamento (4 mesi e 15 mila euro) per il finanziamento illecito alla campagna elettorale delle Comunali 2010. E dalla casa di San Silvestro poco prima delle 13 è sbarcato di nuovo, da primo cittadino in carica, a Ca’ Farsetti. Risolto tutto con i magistrati, Orsoni non ha nessuna intenzione di dimettersi. Anzi, ora sfida pubblicamente i vertici del Pd e lascia intendere che si prenderà più di una rivincita. Si capirà meglio lunedì nella seduta del consiglio comunale il clima politico che condizionerà le Comunali 2015.

In piedi per mezz’ora, inevitabilmente tirato e con voce a tratti misurata, Orsoni ha scandito la sua verità. «Non ho mai gestito la mia campagna elettorale» sottolinea. Non nomina la troika Pd del 2010: il segretario provinciale Michele Mognato; l’allora presidente della Provincia Davide Zoggia (poi chiamato alla segretaria nazionale da Bersani); Giampietro Marchese, responsabile organizzativo, arrestato il 4 giugno. Tuttavia insiste: «Mi sono fatto molti nemici e questo è lo scotto che devo pagare. Mi addolora la distanza che molti hanno preso da me».

Da sindaco, Orsoni vuol riprendere le sue funzioni. E nel pomeriggio incontra assessori e consiglieri. Da avvocato, mette un punto fermo: «Credo che la revoca degl arresti domiciliari si commenti da sola. Ho chiarito, credo nel modo più inconfutabile, che nessun coinvolgimento mio diretto come prospettato dal provvedimento è mai avvenuto».

Resta il «nodo» dei rapporti con il Pd. I finanziamenti elettorali? «Mai immaginato che venissero utilizzati sistemi illeciti». I soldi arrivavano al mandatario, il commercialista Valentino Bonechi con studio a San Marco 5296. I contributi di coop, imprenditori e Consorzio Venezia Nuova? «Non potevo sapere che i fondi fossero illeciti e come le aziende del Cvn reperissero quel denaro». Orsoni sbotta solo al nome di Giovanni Mazzacurati, suo grande accusatore. «Un millantatore». E soprattutto cita lo scontro «durissimo» sull’Arsenale, che il Consorzio voleva mantenere fuori da ogni controllo e il sindaco pretendeva fosse restituito alla città.

Di più. Orsoni torna in municipio da paladino: «Mi sono sempre opposto ai troppi che vogliono sfruttare Venezia, anche in modo non corretto. Il modello della concessione è difficile da utilizzare: solo uno Stato forte e ben organizzato può permetterselo». Infine, un rammarico: «Non ho chiesto di candidarmi. Anzi, era la terza volta che me lo chiedevano. Purtroppo, non ho avuto la forza di dire ancora no, grazie».

Il Pd è nell’occhio del ciclone anche per i verbali firmati da Piergiorgio Baita, ex «re» della Mantovani Spa. Racconta così la nomina alla presidenza dell’Autorità Portuale nel 2008 di Paolo Costa (ex rettore, sindaco dal 2000 al 2005, poi ministro nel governo Prodi ed europarlamentare): «Costa è succube di Mazzacurati, al Porto ce l’ha messo lui. Si è molto adoperato per superare l’ostilità dell’assessore Chisso, che voleva Michele Gambato». Si tratta del dirigente regionale che ha collezionato poltrone: da Sistemi Territoriali ad Attiva, dall’Interporto fino alla presidenza di Confindustria Rovigo. «È stato Mazzacurati a fare da mediatore con Galan, perchè mediasse su Matteoli affinché desse l’indicazione di Costa, che era nella terna del centronistra» sostiene Baita. E proprio il 4 giugno è stata inaugurato a Fusina Il nuovo terminal traghetti destinato ad accogliere 400 navi merci e passeggeri ma capace di ospitarne fino a 1.600 l’anno. Banchine costruite nei 38 ettari dell’ex lamitatoio Alumix con un project da 230 milioni gestito dalla Mantovani Spa. Al di là dell’inchiesta della Procura, non è un mistero che Costa voglia scavare il nuovo canale per le Grandi Navi (altri 150 milioni di appalti) e continui a coltivare l’ambizioso progetto del porto off shore (almeno due miliardi).