Non c’è verso per il premier Matteo Renzi: il guano di Venezia arriva oggi all’assemblea Pd all’Ergife Palace. L’inchiesta del Mose ha travolto il sindaco Giorgio Orsoni, la giunta di centrosinistra, lo stato maggiore del Pd veneziano con il consigiere regionale Giampietro Marchese arrestato e gli affari paralleli delle coop sussidiari al sistema cannibale del Veneto.

Uno psicodramma politico, solo il presidente dell’Anci Piero Fassino ha difeso a spada tratta Orsoni che ha bollato come «farisei» Renzi e tutti gli altri. Non basta l’«umano dispiacere» di Debora Serracchiani a cancellare il dato politico: il Pd è in mezzo al guado della laguna delle mazzette. E non ha bruciato i ponti. Prima dell’ingegner Giovanni Mazzacurati il Consorzio Venezia Nuova era presieduto dal 1986 al 1995 da Luigi Zanda, ora capogruppo Pd a palazzo Madama. Davide Zoggia braccio destro di Bersani, era nella troika che ha gestito la campagna elettorale per le Comunali 2010. L’ex ministro (ora eurodeputato) Flavio Zanonato compare in verbali, intercettazioni e indagini della Procura.

Giovedì mattina Orsoni, da uomo libero, era rientrato a Ca’ Farsetti convinto di tornare a fare il sindaco. In poche ore si sono dimessi l’assessore Pd Tiziana Agostini (via Facebook) e il consigliere delegato FdS Sebastiano Bonzio. Ieri è stato formalizzato il documento con le firme di 24 consiglieri comunali e la richiesta del passo indietro. Lunedì alle 14.30 al municipio di Mestre seduta straordinaria del consiglio con la resa dei conti.
Orsoni ha deciso di presentarsi dimissionario, ritirando tutte le deleghe e spianando la strada al commissariamento del Comune. Decade di conseguenza da presidente della Fondazione La Fenice che verrà retta dal vice Giorgio Brunetti.

«Lascio per le reazioni opportunistiche e ipocrite di singoli esponenti anche della maggioranza» scandisce Orsoni che pubblicamente rimarca le distanze dalla politica, dai partiti, da chi lo aveva candidato. È lo scontro aperto con il Pd. Del resto, i verbali giudiziari parlano chiaro: Orsoni ha patteggiato il finanziamento illecito, ma ha certificato le responsabilità del «comitato di gestione» della sua campagna elettorale abituato ai rapporti con il Consorzio e con le singole aziende di riferimento. La versione di Orsoni è lunga 26 pagine: «Ho scoperto solo dalle carte giudiziarie che la mia campagna è stata finanziata in modi non corretti. Pur ponendomi problemi di opportunità accettai che il finanziatore fosse Mazzacurati, quindi lo sollecitai. Le pressioni per avere soldi si sono fatte sempre più forti, quasi esclusivamente da parte di esponenti Pd».

Orsoni cita esplicitamente Zoggia e il segretario provinciale Michele Mognato, insieme a «tanti altri minori della segreteria». Così il candidato sindaco del centrosinistra contro Renato Brunetta era diventato una sorta di «Madonna pellegrina» per chi accettava soldi non contabilizzati da Valentino Bonechi, il commercialista mandatario elettorale.

Ma la sconfitta di Venezia, per il Pd di Renzi, è peggio di quelle appena incassate a Livorno, Perugia e Padova. È già faida di tutti contro tutti. Ma nessuno può permettersi di dare lezioni sulla questione morale. Ci prova Alessandra Moretti, di cui risulta una cena elettorale con il conto saldato da Maltauro: «Il passo indietro di Orsoni è un importante segnale di chiarezza e opportunità politica: bene ha fatto il sindaco a rassegnare le dimissioni. È alla città di Venezia che dobbiamo pensare in questo momento» dichiara l’eurodeputata che fu vicesindaco di Vicenza e portavoce di Bersani alle primarie.

Il segretario regionale Roger De Menech, renziano doc, pensa già alla matassa del voto di Venezia che coinciderà con le Regionali. Chiusa nel modo peggiore l’esperienza con Orsoni, il Pd veneto ha le spalle al muro. Votarsi all’ex magistrato Felice Casson? Ha un «pessimo» profilo: è fra i 14 senatori autosospesi, civatiano, già candidato sindaco perdente con Cacciari in versione Margherita. Affidarsi alla Fondazone Pellicani, il pensatoio riformista inaugurato nel 2007 dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano? Nel CdA siedono Zoggia, Zanda, Andrea Martella: un côté tutt’altro che… alternativo. L’agenda di Ca’ Farsetti è prefigurata. Commissario prefettizio fino al voto e bilancio di ordinaria amministrazione, nella città svergognata dall’inchiesta della magistratura. Drastica la scelta della lista «In Comune». L’assessore Gianfranco Bettin, con i consiglieri Beppe Caccia e Camilla Seibezzi, avverte: «Niente potrà né dovrà essere più come prima. Si deve aprire una stagione di autentico e profondo cambiamento, a partire dal rinnovamento del ceto e delle forze politiche coinvolte nelle inchieste».