Le parole di Primo Levi risuonano come scolpite nelle montagne, ora che il salone torinese dei libri si è aperto ammaccato dalla presenza pretesa e infausta dell’editore fascista di Casa Pound, costringendoci a tornare a discutere se debba prevalere la capacità democratica del confronto e rifiuto con quella cultura, o rinchiudersi, e dileguarsi, in un Aventino nobile quanto perdente, come la storia ha già dimostrato. Le parole del grande torinese sono chiare e molto nette, quando aprono lo spettacolo cui è approdato il suo Se questo è un uomo, racconto di come affrontò la prigionia del lager senza perdere mai dignità e coraggio. Quel libro è diventato ora infatti spettacolo, e lezione di vita, in occasione del centenario della nascita dell’autore, grazie agli sforzi congiunti degli stabili di Torino e Roma e di Teatro Piemonte Europa nella sala del Carignano (fino a domani 12 maggio).Valter Malosti che ne ha curato la regia ( e assieme a Domenico Scarpa anche la «condensazione scenica»), ne è ora anche interprete dopo l’abbandono di Paolo Pierobon per motivi di salute durante le prove.

ED È DAVVERO una prova intensa di coraggio e carattere, quella dell’attore. Margherita Palli ha creato per lui un ambiente in grado di allargarsi alle montagne e alle vallate, e perfino alla neve, ma capace anche di quasi aderirgli addosso nella soffocante condizione del lager, nei diversi momenti di quella arringa al mondo. Dove la parola di Primo Levi si pone a fondamento della lettura dell’universo, e soprattutto dell’umanità di cui coglie ed esprime orrori e virtù, senza allusioni né moralismi, ma con tutta la carica che ha fatto di quel testo un fondamento imprescindibile di ogni consesso e coabitazione umana. Dopo averlo ascoltato dalla voce di Malosti, vien voglia di rileggerlo, quasi di ripassarlo come si diceva un tempo a scuola. Anche senza la voce autorevole dello stesso Levi, che pure viene evocata ad apertura di sipario. E vale la pena sottolineare l’universalità di quelle parole, che lo stesso autore, più di mezzo secolo fa, voleva trasferire sulla scena. E che ora, tra poco più di un mese , anche in Portogallo qualcuno ha sentito l’esigenza di usare il teatro come amplificazione (debutto previsto a luglio al Festival di Almada, presso Lisbona).

A TORINO Malosti non «interpreta». Sembra piuttosto leggere nella memoria quella testimonianza fortissima e inesauribile. Genialmente Levi la scrisse quasi come diario della memoria, comprensibile a tutti ma destinata a restare indelebile nelle coscienze. Davanti a quel suo grido, le polemiche e l’arroganza e le indecisioni davanti all’invasione tentata da quelle edizioni di estrema destra, può al massimo aiutare a identificare legittimazioni maldestre, ma anche la fragilità costitutiva del salone/mercato. Ma le parole di Primo Levi restano un potente Vade retro, anche a chi fa finta di dimenticarsene accontentandosi di fare l’anima bella. Diffondere e far conoscere quelle parole è un ottimo antidoto, e i molti ragazzi presenti al Carignano dimostravano di averlo per primi già capito.