Oltre 50 fosse comuni sono state scoperte in Iraq nelle ultime settimane, in particolare nei dintorni di Ramadi, capoluogo della provincia sunnita di Anbar, liberata a fine dicembre dal giogo dello Stato Islamico. Lo rende noto Jan Kubis, inviato Onu nel paese, in un resocondo di fronte al Consiglio di Sicurezza: «Con la liberazione di territori dalle gang criminali di Daesh, continuano a svelarsi le prove dei barbari crimini commessi».

Le ultime tre fosse comuni (con i resti di almeno 40 cadaveri) sono state trovate ad aprile intorno allo stadio di Ramadi. Un orrore che segue a scoperte simili nell’Anbar, a Tikrit, a Sinjar, teatro della violenza contro la minoranza yazidi, ma anche oltre il confine, in Siria.

Nonostante l’arretramento in alcuni dei territori occupati ad ovest, l’Isis non molla la presa, spiega Kubis, perché capace di riadattare le proprie strategie alle controffensive di Baghdad. A fronteggiarli è un governo disfunzionale, alle prese oggi con una grave crisi politica riaccesa dalle proteste popolari di questi mesi. Il premier al-Abadi è schiacciato tra le pressioni della base e le resistenze dei partiti che boicottano i tentativi di rimpasto di governo.

Per ora la sola risposta all’assalto del parlamento, lo scorso 30 aprile, è stato il licenziamento del comandante delle forze di sicurezza della Zona Verde, il generale Ridha, accusato di aver aperto la strada ai manifestanti (testimoni raccontavano a marzo di averlo visto baciare le mani del religioso sciita Moqtada al-Sadr, leader dell’attuale protesta).

Giovedì Al-Abadi, in un messaggio in tv, ha tentato di impedire altre proteste usando come scudo la lotta all’Isis per poi ordinare il dispiegamento di ulteriori forze militari a difesa della Zona Verde: i ponti sul fiume Tigri e le strade intorno al cuore della capitale sono stati chiusi con dei blocchi di cemento, tagliando la via di collegamento tra la Zona Verde e piazza Tahrir, tradizionale teatro delle proteste. Chiuso anche il quartiere di Sadr City, dove si concentrano i sostenitori di al-Sadr.

I manifestanti, su indicazione del leader sciita, si sono quindi riorganizzati e hanno protestato all’uscita delle moschee dopo la tradizionale preghiera del venerdì. Solo un centinaio di persone sono riuscite a raggiungere piazza Tahrir prima di essere disperse dalla polizia.