«Almeno 30 vittime», avevamo titolato sabato scorso, sulla scorta delle prime notizie giunte da Mogadiscio. Sono invece oltre 300 le vittime accertate del doppio attentato che il 15 ottobre ha colpito la capitale somala, quando due camion imbottiti di esplosivo si sono fatti esplodere, a circa due ore di distanza l’uno dall’altro, in due punti molto affollati della città. Un bilancio che è destinato ad aumentare visto che tra i feriti, almeno 300, molti sono in gravi condizioni, come riferiscono le autorità e le fonti sanitarie locali.

Il neo-eletto (a febbraio scorso) presidente somalo, Mohamed Abdullahi Mohamed, ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale e si è recato a donare il sangue insieme a migliaia di persone.

IL PRIMO CAMION-BOMBA è esploso all’esterno dell’Hotel Safari – vicino al Ministero degli Esteri somalo – nelle vicinanze dello svincolo PK5, nel distretto commerciale di Hodan, un’area circondata da uffici governativi, negozi e ristoranti, mentre il secondo ha fatto strage nel distretto di Madina.

Tra le vittime ci sarebbero anche alcuni volontari della Somali Red Crescent Society, e 15 bambini che erano a bordo di uno scuolabus colpito dalle esplosioni.

Molti gli edifici distrutti situati nelle prossimità delle esplosioni, così come le macchine in fiamme, e i corpi maciullati o bruciati, resi irriconoscibili dalle ustioni (uno dei due camion-bomba è detonato nei pressi di un’autocisterna piena di benzina).

Le operazioni di soccorso cominciate nella notte tra sabato e domenica continuano disperatamente per cercare di trarre in salvo eventuali sopravvissuti rimasti intrappolati tra le macerie dell’Hotel Safari, in gran parte distrutto. «Non è stato possibile identificare centosessanta corpi e sono stati sepolti dal governo domenica», ha detto Aden Nur, un medico dell’ospedale di Madina.

Gli ospedali restano in emergenza, e alcuni dei feriti più gravi lunedì mattina sono stati trasferiti in aereo in Turchia per ricevere le cure necessarie. E ancora dalla Turchia, su un aereo militare, sono arrivati i primi soccorsi medici: scatole di medicinali e altre forniture sanitarie. Mentre team medici turchi hanno prestato assistenza durante le operazione di evacuazione dei feriti.

LA PRESENZA TURCA è molto forte in Somalia soprattutto da quando, non più tardi di un mese fa, Ankara ha aperto a Mogadiscio la sua più grande base militare all’estero, potenziando i legami con il Paese somalo e la sua presenza nel Corno d’Africa. Il governo di Erdogan in anni recenti ha costruito scuole, ospedali, infrastrutture e messo a disposizione borse di studio in Turchia per gli studenti somali. Diventando nell’arco di pochi anni il quinto più grande bacino di importazione per la Somalia.
Quella avvenuta sabato è la più grave strage che abbia colpito la Somalia negli ultimi 10 anni. Benché, mentre scriviamo, l’attentato non sia stato ancora rivendicato, le autorita governative e di polizia seguono la pista terroristica puntando il dito contro i militanti islamisti di Al-Shabaab.

Nonostante infatti il gruppo legato ad al Qaeda abbia perso il controllo di Mogadiscio a partire dal 2010, resta ancora in grado di portare avanti la sua lotta contro il governo somalo che è sostenuto dalla comunità internazionale e dai Paesi dell’Unione africana.

Sono costanti infatti gli attentati suicidi nella capitale e nelle zone limitrofe contro basi militari e la comunità civile, e nelle zone rurali; attacchi che rimangono uno dei principali ostacoli alla stabilità della Somalia.