Ormai il duo Marchionne-Renzi, una coppia di fatto piuttosto irregolare per una democrazia rappresentativa, ma forse normale nell’America Latina di qualche decennio fa, viaggia sempre più insieme. Così il presidente del consiglio è venuto a Milano il giorno dell’introduzione in Borsa di Ferrari, a raccontare che tale evento sarebbe stata una straordinaria occasione per gli investitori.

Sarà, ma nell’ottobre del 2015, al momento del lancio della quotazione a New York, il suo valore era di 52 dollari, mentre oggi ne mostra solo 48; per il momento gli azionisti non sembrano aver quindi fatto un buon affare, ma chissà in futuro.

Non bisogna essere un Luca di Montezemolo per osservare che, dal punto di vista finanziario, l’azienda di Maranello è stata spolpata per alimentare le voraci casse della Fca; quest’ultima non solo incassa i soldi dalla vendita delle azioni, ma scarica sull’azienda emiliana anche una parte dei suoi debiti. Intanto viene promesso che la produzione della casa verrà aumentata in misura rilevante, mentre sino a ieri ci raccontavano che essa sarebbe rimasta sicuramente fissa per non inflazionare il mercato e per mantenere un’aura di rarità ed esclusività al marchio; misteri delle scienze manageriali coniugate all’italiana.

Il primo giorno della quotazione ci sono state delle turbolenze sul titolo, presto rientrate. Quello che i media sembrano mettere poco in rilievo (chissà come mai) è invece il fatto che il titolo Fiat, privato ormai del suo pezzo più pregiato, è precipitato di valore, scendendo da circa 13 a poco più di 8 euro, con un calo che si avvicina al 40%; ci raccontano peraltro che la cosa era prevista. Ormai la Fca vale in tutto poco più di 10 miliardi di euro.

Pur cedendo una parte molto consistente delle azioni Ferrari sul mercato, la Exor degli Agnelli ne mantiene il controllo, grazie anche all’alleanza con Piero Ferrari. La finanziaria della famiglia torinese possiede ormai solo il 23,5% delle azioni e il membro superstite della stirpe Ferrari il 10%; ma, grazie ai miracoli del capitalismo globalizzato, insieme le due entità controlleranno quasi il 50% dei diritti di voto.

In occasione dell’evento del giorno, Marchionne e Renzi hanno confermato che le cose vanno bene sia per l’Italia che per la Fca; ma ci permettiamo di avere qualche dubbio su ambedue i fronti.

Per quanto riguarda in particolare l’azienda italo-statunitense, alcune cose vanno bene (i mercati europei e Usa), altre un po’ di meno. La Maserati non sembra essere per il momento riuscita a sfondare come ci hanno raccontato a lungo; la colpa sarebbe, come al solito, della Cina, ma il problema vero sembra quello che togliere quote di mercato alle case tedesche appare un’impresa difficile. Vedremo in futuro.

Peggio al momento vanno le vendite in Brasile, paese toccato da una crisi profonda.

Intanto in Italia viene prolungata la cassa integrazione a Mirafiori e a Grugliasco, mentre a Pomigliano si va avanti a contratti di solidarietà. Anche Cassino appare in difficoltà, visto che i piani della nuova Giulia Alfa Romeo continuano a essere rimandati e nessuno sa niente di preciso. Anche la sfida dell’Alfa ai tedeschi ci sembra azzardata e siamo convinti che sarà difficile vincerla, vendendo 400.000 vetture all’anno.

Quello che appare evidente è che il gruppo è in vendita; di fronte alla diffidenza delle case occidentali, a partire da Gm, temiamo che esso possa finire un giorno, speriamo lontano, in mani asiatiche.