Non commenta le novità sul caso Consip: «Le valutazioni competono alla magistratura. Ho detto dall’inizio delle primarie che mi sarei astenuto, dato il mio ruolo». Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, candidato alle primarie Pd del 30 aprile, parla invece di Giulio Regeni. E delle vicende del G8 di Genova. Il reato di tortura in Italia ancora non c’è: «Va approvato rapidamente. Ero a Genova nel 2001, lo chiedo da ministro. Ma anche da militante».

La linea di Renzi porta il Pd a una vittoria di Pirro?

Se non si fa una nuova legge elettorale che spinga alle alleanze e poi non si fanno le alleanze, lo scenario è chiaro: larghe intese o rivotare nel giro di pochi mesi. Con la variabile che le larghe intese le possono fare anche Grillo e Salvini.

Il Pd è quello che rallenta di più. Renzi dice che la proposta spetta all’opposizione.

È una posizione curiosa chiedere a forze che hanno interesse all’implosione del sistema di fare una modifica di legge per fare funzionare il sistema. Il Pd deve assumere l’iniziativa.

Alle amministrative non tira aria buona per il Pd. Neanche a Genova, dove i giudici danno torto a Grillo.

La sentenza di Grillo segnala che i 5 stelle, che nascono come forza di critica all’insufficienza della democrazia rappresentativa dei partiti, oggi si ritrovano una sentenza che dice che non funzionano in modo democratico. Quanto alle amministrative, serve lavorare all’allargamento delle coalizioni. Anche se la linea nazionale rende difficile il lavoro a livello locale. Il tema delle alleanze e della ricostruzione di un campo di forze politiche e sociali è la vera questione del congresso: vogliamo andare da soli in modo muscolare verso una sconfitta, oppure ricostruire un fronte di forze diverse che vogliono contrastare il populismo di Grillo e Salvini, ed evitare la prospettiva di un rapporto con Berlusconi?

Perché Renzi si è incaponito sul no alle alleanze?

Perché ha un’idea secondo la quale la sua leadership è in grado di essere vincente in solitaria. Faccio notare che è la tesi utilizzata nel referendum, e non ha funzionato.

Qual è la sua proposta di legge elettorale?

Individuare alcuni obiettivi e chiamare le forze disponibili a condividerli: premio di governabilità e collegi uninominali.

Ma il Pd della vocazione maggioritaria può sopravvivere con una legge proporzionale?

Sì, se costruiamo un partito diverso. Ci sono forze con vocazione maggioritaria anche in sistemi proporzionali. Ma sono forze ampie, inclusive, non legate solo al leader.

La scissione non l’aiuta. Non solo alle primarie: i vostri ex compagni, almeno l’ala bersaniana, sembra rassegnata alla fine delle alleanze.

Altra curiosa posizione. Chi vuole costruire un nuovo centrosinistra non può prescindere da un rapporto con il Pd. Il Pd non può vivere senza il centrosinistra, ma il centrosinistra senza il Pd non esiste. Basta guardare i numeri. È un’idea velleitaria.

Pisapia insiste sull’alleanza.

Pisapia ha detto esplicitamente che una mia vittoria agevolerebbe la sua proposta politica. Che, se rafforzata, potrebbe condizionare il campo delle forze alla nostra sinistra.

Sono le ore della fiducia al decreto immigrati, firmato Minniti e Orlando. Luigi Manconi, suo sostenitore, non l’ha votato e ha parlato di «diritto etnico». Meno garanzie per chi chiede asilo: e proprio da lei, che ha fatto del garantismo una bandiera della Giustizia?

Guardo con angoscia una giurisdizione che rimanga travolta da una crescita dei flussi migratori. E di gente che prima di sapere se ha diritto o meno allo status di rifugiato deve aspettare anni. Una condizione inaccettabile e pericolosa: sono persone che vengono collocate in un limbo ed esposte al reclutamento del caporalato o dei criminali. Dare rapidità è anche un modo di garantire diritti. Vedo i limiti della semplificazione del processo, ma anche i vantaggi. Poi faremo una valutazione e ne ridiscuteremo. Ma adesso cerchiamo di affrontare l’emergenza.

In realtà il voto di fiducia chiude la discussione.

Ma non la possibilità di fare un tagliando alla legge, in tempi stretti. Comunque assicuriamo quelle che sono in linea con il giusto processo europeo.

Lei ha fatto una revisione critica della politica del Pd. Non se n’è accorto troppo tardi?

Io ho sempre contestato l’idea di riforme fatte solo nella dimensione istituzionale. Abbiamo fatto cose buone e meno buone. Ma anche quelle buone non le abbiamo fatte vivere nella società. Anche per le condizioni in cui versa il Pd. L’ho sempre detto, forse a voce non alta. Ma io parlo così. Poi c’è stato uno spartiacque: il referendum. Girarsi dall’altra sarebbe imperdonabile.

Ai gazebo fa appello anche a chi se n’è andato?

Faccio appello a tutti quelli che guardano al Pd come baricentro del centrosinistra. Anche ai più arrabbiati, ai quali dico che sono consapevole della loro rabbia, venite a cambiare il Pd. L’esito non è scontato. Il messaggio non è ai gruppi dirigenti ma all’area grigia dei tanti che non ci votano più.

Nel caso di sua sconfitta ci saranno nuove uscite dal Pd?

Intendo vincere. E comunque chiederò a tutti quelli che mi hanno sostenuto di continuare questa battaglia. Noi oggi non chiediamo un voto contro Renzi ma per aprire una fase successiva a quella di Renzi.

Emiliano e Renzi urlano. Lei usa toni bassi. Perché?

Evitare i toni dei populisti significa evitare di essere subalterni ai populisti.

E questi occhiali che assomigliano a quelli di Berlinguer?

Li avevo prima di candidarmi, con l’età mi è più difficile leggere da vicino. Quanto ai toni, è bastato dire una cosa per passare da ’candidato soporifero’ a ’accoltellatore’. Le ragioni e le idee forti non hanno bisogno di molti decibel. E costruire un centrosinistra largo, capire che con questa linea politica perderemo le elezioni non ha bisogno di invettive.

Ma il Pd ’dopo Renzi’, dopo i gufi e la palude, potrebbe tornare a toni normali?

Renzi cercava di utilizzare il populismo in modo omeopatico. Ha funzionato fino al referendum, ora non funziona più. In Europa vincono forze politiche che rifiutano il racconto dei populisti. Anche sul tema dell’Europa. Non possiamo inseguire la destra sulla semplificazione del messaggio e sulla personalizzazione parossistica.

Lei non ha fatto un’App?

No, faccio comizi. Intendiamoci: la farei, ma non so quanti soldi abbiano gli altri per la campagna elettorale, io quasi non ne ho.

È andato ai cancelli di Mirafiori e Renzi l’ha presa in giro: la Fiat, ha detto, è rimasta aperta grazie a Marchionne. Voleva fare come Berlinguer?

Ci sono modi diversi di tenere aperte le fabbriche. Volkswagen decide di andare oltre il contratto dei metalmeccanici, altri competono con la riduzione del costo del lavoro. Serve lavorare per tenere aperte le fabbriche, certo, ma anche farsi carico dei problemi chi lavora per meno di 900 euro. Sono stato al primo turno carrozzeria. Non so da quanto tempo non si vedeva un dirigente del Pd. Ma sono stato anche in ospedali, in case di riposo, o fra i professionisti, famiglie. Non si tratta di mettere i colori a una fotografia in bianco e nero, si tratta di fare una foto nella realtà che c’è.