Le polemiche scatenate nei giorni scorsi in merito alla riforma del codice penale (approvata il 14 giugno) che prevedrebbe l’estinzione del reato di stalking a seguito di condotte riparatorie, sembra abbiano raggiunto il primo obiettivo. Non hanno infatti tardato ad arrivare le dichiarazioni del ministro della Giustizia Andrea Orlando che ieri si è espresso sul provvedimento di carattere tecnico che intenderà adottare per aggirare il cortocircuito generabile dal nuovo articolo 162 ter in cui, all’estinzione per buona condotta, rientrerebbe appunto anche lo stalking.

Mentre sulle possibili responsabilità di questa grave svista si taglia corto rimandando agli «uffici tecnici» ministeriali che dichiarano le preoccupazioni «non fondate», nella seconda parte del comunicato Orlando entra nel cuore della questione, così «per evitare qualunque possibilità di equivoco interpretativo si deve agire riconsiderando la punibilità a querela prevista nella legge del 2009». Potrebbe significare che non si farà più una distinzione tra gradi di reato, che dunque non ci sarà più una procedibilità d’ufficio per gli episodi più gravi e, per gli altri, non ci sarà più la libertà da parte di chi denuncia di ritirare la denuncia? «È una modifica – sottolinea il ministro – sulla quale il governo sta intervenendo. Ritengo essenziale il contrasto alla violenza sulle donne e ricordo che nel provvedimento antimafia che il Senato approverà martedì è prevista la applicabilità delle misure di prevenzione personale agli indiziati di stalking»; così collocato, il reato di stalking potrà essere «sottratto» dalla fattispecie descritta dalla riforma del codice penale attuale. Sembra una questione difficile da dipanare pur tuttavia è nitido il risultato, dopo la pubblica protesta di Loredana Taddei (Cgil), Liliana Ocmin (Cisl) e Alessandra Menelao (Uil) che per prime hanno segnalato la stortura interna alla riforma. L’attenzione sul tema potrà infine persuadere quante e quanti fino all’altro ieri erano dubbiosi verso la denuncia sindacale. Le recenti dichiarazioni rilasciate da Eugenio Albamonte (presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati) sono altrettanto limpide: è una «preoccupazione sicuramente fondata». Non si tratta dunque di una bufala estiva – come è stata frettolosamente rubricata da alcuni – e «non è la prima volta che sullo stalking il legislatore, diciamo così, inciampà». Ciò che come Anm è stato contestato riguardo il ddl è la mancanza di tempo, per cui non c’è stato il margine di nessuna valutazione critica.

«Non dico dunque – conclude Albamonte – che il legislatore abbia fatto apposta, dico che si è sbagliato, proprio per la fretta eccessiva di approvare la legge». Il punto che varrà la pena discutere nei prossimi mesi, sarà il contenuto reale di questo provvedimento. Difficile a oggi dire se si tratterà di uno strumento di libertà per le donne o se invece si tradurrà in una ulteriore iniquità. Anche in questo caso, consultare preventivamente un centro antiviolenza non sarebbe stato malvagio.