Andrea Orlando, dice di temere che la discussione su quando far ripartire il paese rischia di essere «sgangherata». Perché?

Il tema è giustissimo, ma non può partire sui social o a mezzo stampa. La discussione deve partire da dati scientifici. Il tema non è se aprire prima il verduraio o il salumiere, il rischio è che così si aprano solo conflitti. Servono le linee guida dal ministero della Sanità sulle quali il governo modulerà la sua proposta. Su quella discuteremo. Aprire il dibattito in maniera estemporanea ha due effetti: dare l’idea che siamo già nella fase del rompete le righe, e questo rischia di vanificare i sacrifici fatti, e che le chiusure siano una scelta politica e non dettata dalla lotta ai contagi. E invece è una discussione seria, che forse porrà anche il tema di qual è il margine di rischio lecito da accettare per la ripresa. Ma va fatta con i dati e avendo alle spalle la fase acuta del contagio.

Ce l’ha con Renzi. Ma anche il ministro Patuanelli parla di «apertura per filiere».

Infatti non mi riferisco solo a Renzi. I ‘secondo me’ danno l’idea di un’improvvisazione.

Federacciai e Confindustria conteggiano perdite enormi.

Anche l’impresa ha interesse a partire da dati certi. In tutta Europa c’è stato il tentativo di minimizzare il virus. Ma la realtà si è imposta. Non stiamo discutendo di salario, ma della vita dei lavoratori.

I 5 stelle allargano la proposta di reddito di cittadinanza. Il Pd ricomincia con i distinguo?

No, il clima precedente è stato superato ma dobbiamo evitare le bandierine. Oggi, con le risorse di cui disporremo, che ancora non conosciamo, dobbiamo costruire la più ampia copertura possibile per autonomi, disoccupati, precari.

A proposito di risorse, l’Ue è spaccata su bond e Mes. Restate gli europeisti del governo?

Il tema del Mes non c’è, se fosse stato proposto senza condizionalità forse si sarebbe aperta una discussione nella maggioranza, ma non è andata così. Ma quest’Europa, così lontana da come la vogliamo, fin qui ci ha dato gli strumenti per gestire la crisi. La Bce, nonostante le performance di Lagarde, garantisce il nostro indebitamento. Certo che non basta. L’europeismo critico che ha espresso Conte è il punto di sintesi delle posizioni diverse della maggioranza. Ma se l’Europa, di fronte alla crisi più forte che ha mai avuto, fa cilecca, giocoforza perde la sua funzione. Ma spero che non andrà così. Anche ai nordici alla lunga non conviene. E il fronte dei paesi che la pensano come noi è ampio, e a causa del virus è destinato a causa ad allargarsi.

Anche rispetto al giro di vite di Orbán in Ungheria, von der Leyen ha usato parole cautissime.

La ascolti meglio. Nella lingua del burocratese bruxellese, che certo poteva evitare, ha citato i paletti sui quali negli scorsi anni sono state aperte le procedure della messa in mora dell’Ungheria.

I nazionalisti, che un virus no-border ha messo un po’ in ombra, riprenderanno fiato con Orbán?

Non credo che Orbán entusiasmi tutti gli elettori della destra italiana, tant’è che Salvini dopo un primo slancio, forse uscito dal cuore, fa notare che lui a Roma chiede la convocazione del Parlamento.

Fin qui anzi le destre italiane hanno accusato il governo di aver esautorato il Parlamento.

Non scherziamo. Il tema non è l’attività del Parlamento, il tema è la possibilità che esso svolga la sua funzione di bilanciamento del governo. Il governo ha avuto una reazione iniziale, ma poi è stata assorbita dai passaggi parlamentari. E oggi c’è un tavolo con le opposizioni. Non credo che Orbán ne abbia istituito uno.

Cercate l’unanimità sul decreto di aprile?

Mi auguro che questa sia l’ambizione, e che trovi terreno fertile. Fin qui aldilà dell’intenzione di collaborare a parole, non ho visto comportamenti coerenti. Non parlo solo delle invettive e della propaganda, ma del merito. Anche a me piacerebbe dare a tutti mille euro con un click, ma l’albero degli zecchini non l’abbiamo trovato. Se questo è il contributo dell’opposizione non andiamo lontano.

Le opposizioni, e Italia viva, hanno indicato Draghi come premier del ’dopo emergenza’.

Questo del ‘dopo’ è un genere letterario. Il tentativo di mettere in pista ipotesi diverse c’è stato prima e ci sarà dopo. Conte è il difficile punto di equilibrio tra Pd e M5s. Questa vicenda, poi, lo ha rafforzato.

L’emergenza sta laureando una classe dirigente che aveva iniziato non proprio fra gli applausi?

Conte sta affrontando bene questa prova. Ma è una laurea di cui tutti avremmo fatto a meno.

I 5 stelle spingono sul reddito. Il Pd avrà una sua bandiera?

Lavoriamo a che nessuno resti indietro, senza bandiere. Nelle ore più difficili siamo stati protagonisti della ricostruzione di un rapporto con il sindacato perché l’unica strada è la ricostruzione di una solidarietà nazionale. Non buttiamo sul tavolo proposte per dire ‘ho ragione io’, dobbiamo far crescere con il paese le proposte che ci facciano ripartire. La ripartenza deve essere costruita insieme.

«Solidarietà nazionale» come riferimento storico?

Non parlavo di una formula politica ma di un clima. Dopo anni di esasperata conflittualità, il tratto che servirà per fermare la disperazione sarà l’inclusività, se sapremo farlo. Ormai si è capito che nessuno da solo va da nessuna parte. E che c’è bisogno di una dimensione statuale forte dopo anni di esecrazione del ruolo dello Stato.

Renzi propone una commissione parlamentare sugli errori compiuti sul coronavirus.

La più grande commissione d’indagine non sarà parlamentare, la faranno gli italiani. I sindaci, gli imprenditori, i lavoratori, i cittadini che hanno fronteggiato questo dramma e che, finita la paura, si riprenderanno la parola.