La conferenza programmatica, Andrea Orlando avrebbe voluto organizzarla con l’intero Pd per cambiare passo dopo il referendum del 4 dicembre. Invece il partito ha preferito le primarie lampo. Così l’appuntamento di ieri a Napoli è diventato parte della corsa del Guardasigilli a segretario, «ma il lavoro è a disposizione del centrosinistra, del partito e del governo» sottolinea Orlando dal palco. La location è la stessa scelta da Matteo Renzi alla vigilia del referendum: per riempire il Palacongressi si dovette mobilitare tutto il Pd locale, quello che poi Renzi sceglie di ignorare nei suoi blitz in città, con tanto di truppe cammellate in pullman. Ieri c’erano i sostenitori di Orlando e il gruppo dirigente nazionale: i campani Rosaria Capacchione, Marco Di Lello, Marco Sarracino e poi Cesare Damiano, Anna Finocchiaro, Vannino Chiti, Gianni Cuperlo, Maria Chiara Carrozza, Camilla Fabbri, Pierfrancesco Majorino tra gli altri. Alle pareti i manifesti con alcune delle 21 parole scelte per le primarie: uguaglianza, donne, giovani, lavoro tutte divise in sillabe come da dizionario, uno alternativo al vocabolario renziano sottolinea Cuperlo.

La legge elettorale è uno dei temi della conferenza: «Collegi uninominali e meccanismi che favoriscano la governabilità» spiega Chiti, cioè addio Mattarellum, che non ha i numeri in parlamento, avanti con premio di maggioranza a coalizioni omogenee, in modo da tenere il Pd lontano dal centrodestra. Un minuto di silenzio per la Siria e si comincia. Ad aprire le danze Barbara Pollastrini con il primo attacco a Renzi: «Al Lingotto ho ascoltato la replica dello stesso copione, molto potere, molta autoassoluzione». Sul palco arriva Orlando: «Dove ti sei rintanato, Matteo? Esci fuori, confrontiamoci». Applauso scrosciante.

Applausi a ogni critica alle politiche renziane: «Dopo il referendum ho detto ’fermiamoci, discutiamo’, il voto del 4 dicembre ci ha dato la radiografia sociale del paese: periferie, Sud e giovani ci hanno voltato le spalle». E ancora: «Il 40% delle Europee ci ha dato alla testa, siamo riusciti a litigare con tutti, con la scuola, i lavoratori, i nostri alleati storici. Da questo vuoto di politica nasce l’arroganza del ’ciaone’. Il Pd deve uscire dall’isolamento politico in cui si è cacciato». Sulle alleanze: «La scissione di Art.1 è stato un errore tragico. Io penso a Pisapia e anche a tanti altri nei movimenti civici. Se vieni a bussare al Pd, ammesso che trovi aperto, ti viene chiesto a quale corrente vuoi iscriverti».

A Renzi viene rinfacciata la vicinanza con Marchionne e la distanza dai lavoratori. Orlando è stato commissario del Pd di Napoli nel 2011: «È la città dove il partito è imploso: aumentano gli iscritti e diminuiscono gli elettori. È stato annunciato il lanciafiamme dall’allora segretario, nel frattempo tutti quelli contro cui doveva essere usato sono al riparo nella maggioranza del partito». Gli interventi vanno avanti tra videomessaggi di Maurizio Costanzo, società civile e il mini show di Dario Vergassola. Cuperlo tira la volata finale: «“Prevedo una vittoria prima di pranzo” disse Napoleone a Waterloo, anche adesso l’esito finale non è scontato».

La chiusura ancora a Orlando con le proposte: separare il segretario del partito dal candidato premier, «do una notizia ai giornalisti: convocherò la segreteria», dice con ironia. Rivedere l’esenzione Imu sulla prima casa e i bonus a pioggia; tassare rendita e gioco d’azzardo e riattivare gli investimenti pubblici. Più integrazione europa, più tutele ai lavoratori; equo compenso e pensione minima garantita; più Sud. Un saluto agli sfidanti e un’ammissione: «Abbiamo avuto poco coraggio. L’aumento della spesa poteva essere fatta in modo diverso e non per la ricerca del consenso».