Il caso Morosini non è chiuso. A tenerlo aperto è il ministro della giustizia Andrea Orlando, politico prudente che ha sempre cercato di sopire le polemiche tra magistrati e governo, spesso riuscendoci, ma che questa volta non getta acqua sul fuoco. «Il problema ha assunto una rilevanza istituzionale», ha detto ieri Orlando, a proposito della nota intervista al Foglio del consigliere togato del Csm Piergiorgio Morosini, molto pesante contro il governo. Al ministro non basta la smentita del contenuto dell’intervista, «il punto sono le valutazioni che ha dato sul funzionamento delle istituzioni». Ragione per cui nei prossimi giorni vedrà il vicepresidente del Csm, ex parlamentare del Pd, Giovanni Legnini. La pressione su Morosini resta fortissima.
In una conferenza stampa convocata al ministero per aggiornare i dati sulla prescrizione, Orlando elencato puntigliosamente gli aspetti dell’intervista di Morosini che non intende lasciar cadere. O, più esattamente, come dice, «ci sono valutazioni che non possono restare sospese nell’aria, meritano di essere chiarite fino in fondo, al di là della possibile forzatura giornalistica, nell’interesse del buon andamento tra diverse istituzioni». Il Csm è un organo di rilievo costituzionale e il ministro decide di prendere sul serio le parole di un suo componente. Giudicandole, evidentemente, assai più gravi delle critiche che un altro consigliere, il laico Fanfani eletto dal Pd, ha appena rivolto ai magistrati che hanno disposto l’arresto del sindaco Pd di Lodi. «Mi riferisco – dice Orlando – ai giudizi espressi sul funzionamento del Csm», Morosini ha parlato di trionfo delle correnti e pressioni per le nomine dei magistrati. «Mi riferisco – continua Orlando – alle valutazioni date sul rapporto tra l’attività dei magistrati nella giurisdizione e nelle istituzioni», e qui il riferimento è all’allarme di Morosini sulla possibile designazione di Gianni Melillo, capo di gabinetto del ministro, alla guida della procura di Milano. «Mi riferisco – conclude il ministro – alle considerazioni espresse sulle leggi approvate»: c’è di mezzo anche l’impegno di Morosini contro la riforma costituzionale, ma il riferimento diretto di Orlando è alla responsabilità civile dei magistrati e al taglio delle ferie, presentati da Morosini come «retaggio del ventennio berlusconiano».

Anche l’Anm ha preso le distanze dal consigliere del Csm in quota Magistratura democratica, e la sua stessa macro-corrente, Area (che riunisce anche i «verdi» dei Movimenti) ha tracciato un’incompatibilità tra l’incarico al Csm e la campagna elettorale per il referendum costituzionale (Md è nel comitato del No e intende restarci). L’esito di questa vicenda, si concluda o meno con delle dimissioni, segnerà un precedente sul confine tra impegno politico e rappresentanza della magistratura (ricorda il caso delle dimissioni del giudice Almerighi da presidente dell’Anm, alla fine degli anni 90). Anche se, assicura Orlando, «la libertà di espressione non è in discussione». Mancherebbe.
Parlando della prescrizione, il ministro ha detto che un accordo nella maggioranza (della quale su questo tema fa parte il gruppo dei verdiniani) è «a portata di mano». Per cui la riforma, che è poi l’allungamento dei termini di estinzione dei reati contro la pubblica amministrazione come la corruzione, può ancora essere approvata «entro l’estate». Intanto i dati raccolti dal ministero testimoniano la pesantezza del fenomeno, 132mila reati prescritti nel 2014 in aumento rispetto al 2013, verosimilmente a causa dell’impatto della legge «ex Cirielli» del 2005 (il governo Berlusconi diminuì la prescrizione e aumentò le pene per i recidivi). In ogni caso, sostiene Orlando, «molto dipende dall’organizzazione dei tribunali». Nelle slide del ministro «la maglia nera per incidenza della prescrizione spetta al tribunale di Torino». Il distretto dove ha presieduto la corte d’appello Mario Barbuto, protagonista di una riorganizzazione nel settore civile e per questo chiamato al ministero da Orlando a capo del dipartimento dell’organizzazione giudiziaria (fino a fine 2015). Evidentemente i successi nel settore civile erano solo una faccia della medaglia.