A dare l’allarme è l’ex ministro Andrea Orlando. Che riunisce i suoi della corrente Dems in una sala convegni del centro di Roma per ufficializzare l’appoggio a Nicola Zingaretti. Ma fra gli altri passaggi del suo discorso, ne scandisce bene uno. «Noi abbiamo scelto come patria politica il Pd e intendiamo il sostegno a Nicola come una battaglia patriottica a favore del Pd». Orlando parla senza giri di parole dei movimenti più o meno visibili dell’ala renziana: «C’è un tentativo di scissione in atto. Il modo migliore per contrastarla è una larga affermazione di Zingaretti. Non si può nascondere il fatto che nella candidatura di Martina si sono accasate forze che costituiscono in futuro la massa di manovra per una scissione», «la vittoria di Nicola è la condizione necessaria per salvare il Pd».

Il caso Sicilia è emblematico. Davide Faraone si è autoproclamato segretario regionale dopo l’annullamento delle primarie di cui era rimasto candidato unico. La sfidante Teresa Piccione si è ritirata in mezzo alle polemiche dopo aver denunciato, inutilmente, che una lista vicina al governatore Nello Musumeci aveva annunciato pubblicamente la partecipazione ai gazebo pro Faraone. «La vicenda siciliana ha una portata di carattere generale», avverte Orlando, «ai gruppi dirigenti del futuro dico di spostare l’attenzione dal falso tema del fuoco amico a quello della quinta colonna, di chi rimane per lavorare per qualcosa che si sta costruendo al di fuori del Pd». Il riferimento è ancora alla nuova cosa di Renzi.

In apertura il giovane Giuseppe Provenzano elenca i punti programmatici di una «nuova sinistra»: patrimoniale, costituente dei democratici e dei socialisti in vista delle europee – la proposta è di Gianni Cuperlo, che è in sala ed ha deciso anche lui di appoggiare Zingaretti – lotta alla diseguaglianza. Provenzano propone persino una manifestazione a sostegno del reddito di cittadinanza. Ma al primo posto c’è fermare «la prospettiva di chi vuole sciogliersi in un indistinto fronte antisovranista, il partito degli inclusi».

L’allarme rosso per la scissione in atto è arrivato la sera prima, durante una cena dei parlamentari di area convocata vicino a Circo Massimo. I ’movimenti’ nel gruppo parlamentare sono giudicati preoccupanti da tutti i presenti. Anche Zingaretti ne è consapevole: deve in continuazione difendersi dall’accusa di voler «rifare il Pds», ma sembra chiaro che gli scissionisti di domani vogliono precostituirsi l’alibi per abbandonare il partito. «Serve congresso di radicale rinnovamento e discontinuità», dice lui, ma «il Pd è un progetto giusto e non va messo in discussione. L’ordine del giorno oggi non è solo la contendibilità della leadership ma l’esistenza stessa del Pd».