Sarà colpa delle feste, della primavera, sarà che il segretario spesso non è in sede – sta facendo la sua campagna elettorale -, che le sue dimissioni anticipate hanno azzerato le cariche di partito, inclusa quella del responsabile dell’organizzazione (Lorenzo Guerini, che lavora a pieno ritmo per la mozione Renzi). Resta solo quella del reggente Matteo Orfini.

Fatto sta che dopo Pasqua e Pasquetta al Nazareno ieri è ripreso il tran tran. Un’atmosfera di normale quotidianità che però è un po’ troppo alla camomilla e mai farebbe sospettare che fuori dal palazzo c’è un congresso di partito al rush finale, la cui macchina organizzativa dovrebbe procedere ormai a velocità massima verso la meta del 30 aprile. Riferita al partito, circola una parola con molte sillabe: «Passivizzazione». Viene spiegata così: «Le mozioni fanno i loro volantinaggi, le loro iniziative, ma tutta la macchina va ben poco oltre la normale routine».

Il sospetto degli sfidanti di Renzi, il ministro Orlando e il presidente Emiliano, è che il favorito, universalmente riconosciuto come asso della comunicazione, stavolta abbia scelto a tavolino di tenere basso il livello della mobilitazione delle primarie. Innanzitutto per evitare l’effetto boomerang del referendum del 4 dicembre, quando lui stesso era considerato «il miglior testimonial del No»: più andava in tv e più voti prendeva. Contro, però.
Due mesi fa la sondaggista Alessandra Ghisleri aveva avvisato: una maggiore affluenza sarebbe imprevedibile da valutare, potrebbe persino significare che si è alzata una maxi ondata antirenzi sul modello di quella del referendum.
Ora i sondaggi di cui è in possesso il Pd prevedono che ai gazebo arriverà un milione e seicentomila partecipanti, massimo un milione e otto. Che gli consegnerebbero il 60 per cento dei voti. Tanto basta a Renzi per tornare segretario con una solidissima maggioranza. E pazienza se l’affluenza toccherebbe il record negativo delle primarie dal 2007.

Per questa ragione Andrea Orlando ieri ha alzato la voce a tutto campo: «O c’è unità nella sinistra e nel centrosinistra o davanti a noi ci attende solo sconfitta. Renzi con la sua ossessione di volere tornare a Palazzo Chigi rischia di esser un ostacolo per questa ricomposizione dell’unità».

L’altra accusa è appunto quella di non fare abbastanza per mobilitare il popolo delle primarie. Primo, il Guardasigilli chiede che quello su Sky il prossimo 26 aprile non sia l’unico confronto tv. Renzi ufficialmente ancora non ha risposto, ma quello che pensa si sa: i confronti in tv aiutano gli sfidanti, lui da favorito non ha alcun interesse a farne. E su Sky non rischia nulla: l’uditorio sarà limitato al popolo dei decoder.

Secondo: «La campagna per le primarie del Pd è volutamente tenuta sotto traccia», attacca ancora Orlando. «Se a votare il 30 aprile andranno molte meno persone rispetto all’altra volta per il Pd sarà un segno negativo. Io mi auguro che in questi giorni il Partito promuova una campagna di informazione». Il suo portavoce Andrea Martella chiama in causa il reggente Orfini: «Mancano meno di due settimane al 30 aprile e ancora non si vede una campagna di comunicazione adeguata all’importanza di questo appuntamento».

Orfini risponde con un tono quasi burocratico: «Anche questa volta, come di consueto, il Pd ha preparato una campagna istituzionale per favorire la massima partecipazione alle primarie del 30 aprile». Poi elenca: c’è il logo, il claim («La democrazia è qui»), il sito (www.primariepd2017.it), il numero verde (800 090 010), la campagna su facebook, il video che spiega come si partecipa al voto. «Proprio oggi (ieri, ndr) sono iniziate le affissioni in oltre 90 stazioni ferroviarie. Gli spot radiofonici saranno messi in onda da domani (oggi, ndr) su oltre 40 emittenti». «Bastava una telefonata, glielo avremmo comunicato», è la conclusione tagliente all’indirizzo del comitato Orlando. E a chi dice che nel 2013, durante le primarie Renzi-Cuperlo-Civati l’attivismo del Pd era imparagonabile, Orfini replica che non è vero: «Oggi è lo stesso: c’è grande vitalità ed entusiasmo».