La quarta di copertina, traducendo a spanne, recita: «Un’antologia unica nel suo genere di storie, saggi e poesie che assaporerete fino all’ultima goccia».

«House of Spirit: Drinking in India» (276 pagine, edizioni Speaking Tiger Books, disponibile in formato per Kindle a meno di 9 dollari), raccolta letteraria in lingua inglese curata da Palash Krishna Mehrotra, affronta la croce e delizia dell’alcool nel subcontinente indiano, presenza spesso nascosta dalla pudicizia dei cosiddetti «valori indiani» ma che, grattando appena sotto il perbenismo, si scopre diffusa lungo traiettorie orizzontali e verticali per tutto lo spettro sociale indiano.

Eleggere a bussola narrativa l’alcol e i suoi derivati, attraversando il subcontinente dai «toddy shop» keralesi – bettole dove viene servito il «toddy», vino biancastro derivato dalla linfa delle palme da cocco – fino a sgangherati ritrovi bohémien urbani come l’iconico 4S di Defence Colony (New Delhi), dà al selezionatore Mehrotra la chiave per introdursi nell’umanità varia dei bevitori indiani.
La raccolta di opere contenuta nel volume si muove ondivaga tra sobrietà stilistica, rigore quasi accademico, gonzo journalism ed elegie inebrianti, presentando in un coro di ventisei autori indiani vicende autobiografiche o documentali in parte già note a chi si interessa di cose indiane, del tutto sconosciute – e spesso inimmaginabili – per chi frequenta sporadicamente l’India fisica o letteraria.

Alcuni esempi: Gautam Bhatia racconta la storia di suo padre, alcolista in incognito, facendo affidamento ai ricordi d’infanzia; Soumya Bhattacharya offre una guida narrativa al reperimento di alcolici e alle relazioni coi contrabbandieri di superalcolici nel «dry state» del Gujarat, dove la vendita di alcol è illegale; Sandip Roy discute dell’ossessione tutta indiana per il whiskey, mentre lo stesso Mehrotra recensisce molti tra le migliaia di «desi whiskey» (whiskey made in India) presenti sul mercato a prezzi talmente irrisori da far svanire ogni mera speranza di qualità.
Vijay Nambisan riepiloga, senza sconti, la propria esperienza in un centro di disintossicazione; Kanika Gahalut confessa gli up and down di una ex alcolista.

Tra le pagine di «House of Spirits» trovano spazio anche esercizi di stile in fiction come il racconto «Delirium» e la poesia «L’Alcolista all’Alba», entrambi di Jeet Thayil, tre le penne e le menti più interessanti del panorama subcontinentale, o veri e propri mini saggi come «Alcolisti Anonimi: una saga storica sulla fratellanza degli aficionados di alcol a Calcutta» di Sumanta Banerjee.
Senza perdere l’equilibrio, pur pendendo a tratti verso una visione più edonistica dell’alcol e dintorni, «House of Spirits» è una chicca collettanea che merita sia l’attenzione di chi legge in lingua inglese, sia il coraggio di chi pubblica traduzioni di narrativa straniera in italiano.
(House of Spirit: Drinking in India, Speaking Tiger Books)