Le ricorrenze fanno temere per un nuovo spargimento di sangue: il secondo venerdì di Ramadan da una parte, i richiami alla più grande battaglia dopo la liberazione del Canale di Suez (1956), branditi dai leader della Fratellanza dall’altra. E così torna lo scontro tra piazze al Cairo, ma gli occhi sono tutti puntati su Rabaa Al-Adaweya: l’immenso sit-in della Fratellanza nel quartiere Medinat Nassr.

Grande assente dalle strade egiziane nei mesi seguiti alle rivolte del 25 gennaio del 2011, anche la polizia è tornata a presidiare dovunque le vie e il traffico delle città egiziane. Responsabile della raccolta delle tasse e della definizione dei prezzi nei mercati, di arresti e multe, la polizia egiziana ha avuto per anni comportamenti sommari. Per questo è stato il primo obiettivo dei contestatori che hanno dato fuoco a decine di centrali di polizia in tutto il paese. Ma ora la vendetta è compiuta, i Fratelli musulmani sono stati di nuovo marginalizzati. Lo stato è tornato a controllare il paese: la contro-rivoluzione, che aveva vinto con la presa della giunta militare, ha imposto di nuovo il suo controllo su tutti i meccanismi di gestione del potere.

Ora è sufficiente solo contenere la rabbia della Fratellanza che di giorno in giorno potrebbe diminuire, complice il Ramadan. Con un messaggio su Twitter la Guida suprema del movimento, Mohammed Badie, arrestato e poi rilasciato, aveva assicurato che, rompere il digiuno del Ramadan non sarebbe un peccato, considerando lo stato di mobilitazione. Contemporaneamente però i leader islamisti discutono con militari e missioni diplomatiche, ricostruendo le basi del dissenso. Un video al centro della piazza, a due passi dal palco dove si succedono continue testimonianze di sostenitori, mostra immagini di violenze e soprusi dell’esercito. Gli altoparlanti ripropongono canzoni e motivi religiosi. I Fratelli musulmani sanno benissimo come gestire le fasi critiche in cui da eroi si trasformano in vittime.

Entriamo nel centro allestito in fretta, fervono i preparativi per la conferenza delle «Donne della Fratellanza contro il colpo di stato» , i leader della Fratellanza snocciolano i motivi per cui è necessario tornare a manifestare pacificamente per difendere Morsi. Degli uomini, barbieri di esperienza, hanno sistemato specchi e tagliano i capelli a chi lo desideri, dall’ingresso posteriore si raggiunge un piccolo ospedale da campo. È da qui che di notte gli islamisti partono per tentare di raggiungere Ramsis ma vengono bloccati dai militari prima che raggiungano i ponti della città verso il centro. C’erano riusciti lo scorso mercoledì quando avevano deciso di marciare dall’Università del Cairo su via Qasr Al-Aini verso la sede del governo. Ora i Fratelli musulmani avvertono l’accerchiamento, criticano le missioni diplomatiche internazionali e negoziano perché nella nuova Costituzione non vengano banditi i partiti con riferimenti religiosi, punto che impedirebbe la futura partecipazione politica del movimento.

E così, la Fratellanza ha espresso delusione per la linea adottata dall’Unione europea, dopo l’incontro con l’Alto rappresentante per la politica Estera, Catherine Ashton. Mohamed Beshr, capo della delegazione che ha incontrato Ashton, ha criticato il fatto che l’Ue non abbia denunciato il «golpe militare» che ha deposto Mohamed Morsi. Abbiamo incontrato nel centro del Cairo anche una delegazione del Partito democratico, guidata dal Vice presidente della Commissione Esteri, Andrea Manciulli, che ha discusso con vari leader islamisti e esponenti delle opposizioni.