Mai come durante questa maledetta pandemia la danza, così centrata sulla fisicità reale del corpo, è stata goduta, nel bene e nel male, online su piccoli schermi. Il teatro dal vivo ci è stato precluso, ma anche il cinema, con la sua capacità di rendere tattile la danza portando lo spettatore dentro la dinamica sensoriale del corpo, ha chiuso le porte per tanti, troppi mesi. È perciò una bella notizia, in una settimana che vede il teatro tornare alla vita, ritrovare la danza anche nei cinema, finalmente aperti. In anteprima ieri, 29 aprile, Giornata Internazionale della danza, e in replica il 3 e il 4 maggio, è in sala Cuban Dancer, film documentario per la regia di Roberto Salinas, co-autrice Laura Domingo Aguero, scrittrice e coreografa cubana, produzione Indyca, distribuzione Luce Cinecittà. Una ventina di città, tra cui Torino (Centrale), Roma (Cinema Lux), Milano (Anteo), Firenze (Cinema La Compagnia) per un film presentato in Italia all’ultima Festa del Cinema di Roma.

È LA STORIA di un ragazzino, Alexis Valdes, 15 anni, talentuoso allievo della Escuela Nacional de Ballet dell’Avana, fucina di danzatori che hanno fatto la storia dello stile del balletto caraibico, complice il polso e la grandezza di un personaggio icona quale è stata Alicia Alonso, fondatrice del Ballet Nacional de Cuba.
Cuban Dancer – 5 anni di riprese seguendo le tappe della vita di Alexis – racconta quella determinazione, in alcuni innata, e quindi naturale, ad affidare la crescita di se stessi alla danza, una bolla di cristallo, con le sue durezze da sciogliere, ma anche qualcosa che è protezione e rifugio da ogni difficoltà esterna, familiare, politica, sociale, utopia per alcuni, realizzazione per altri. Ce lo racconta da subito la prima scena del film: Alexis di fronte a uno specchio, in un camerino, prova ininterrottamente la variazione de Il Corsaro, quella danzata dai più grandi tra i quali un giovanissimo Nureyev. Pirouettes impeccabili, quelle di Alexis, nella piccola stanza che isola da tutto, una velocità nei giri, un piglio tipico di Cuba. Scrive Elisa Guzzo Vaccarino in Cuba Danza (Gremese Editore, 2021): «Il virtuosismo cubano è fatto di equilibri netti e prolungati, giri e salti sicuri, di port de bras e di épaulements scolpiti, di una qualità emozionale palpitante, il tutto racchiuso in tecnica e stile peculiari, che portano inciso il marchio della vibrazione latina con il retrogusto di una tradizione classica da rispettare».

QUESTO MIX percorre sottotraccia la storia di Alexis la cui famiglia lascia Cuba per Miami dove ritrovare l’altra figlia. Per il giovane ballerino la scelta è emotivamente difficile, ma il confronto con l’America, con una Miami che “non è Cuba con dinero” come è spiegato al padre del ragazzo, per Alexis si gioca nella danza. Un sogno di riuscita, «voglio diventare un primo ballerino», una partita da vincere dentro quella bolla di cristallo che è l’altra faccia di un percorso di vita non privo di ostacoli.

L’IMMIGRAZIONE in America diventa così una partita stilistica. Come mantenere l’orgoglio della propria storia, che per il giovane Alexis si esprime in quella vibrazione di cubania nella danza, nell’incontro con lo stile asciutto del balletto americano? I rapporti politici tra America e Cuba, da Obama a Trump, sono citati in lontananza, mentre il ragazzino non molla la sua battaglia: si diploma all’Harid Conservatory in Florida, oggi è un apprentice dancer del San Francisco Ballet. Ma quando alla fine del film, torna all’Avana per un breve viaggio, la sua felicità è poter dire: «Chi sono io? Un ballerino cubano». Una vittoria personale che diventa collettiva.