Due storie «concentriche», a loro modo, sono le basi su cui gioca lo spettacolo con cui Luca Zingaretti (il fratello governatore in platea ad applaudirlo) torna al teatro Argentina dove il pubblico romano lo vide nei primi anni ottanta vogare da gondoliere. Era quasi al debutto, nelle Due commedie in commedia di Andreini ripescate da Luca Ronconi, che dell’attore è stato maestro all’Accademia Silvio D’amico e in tanti altri spettacoli importanti.

Ora che grazie al commissario Montalbano è una star non solo italiana, e anche universale icona «sexy», Zingaretti mostra coraggio e grande impegno civile, con lo spettacolo di cui è protagonista, regista e produttore, The Pride, dell’inglese (di origine greca) Alexi Kaye Campbell. Il testo infatti (riccamente tradotto da Monica Capuani) gioca una sorta di ping pong tra situazioni similari di due epoche diverse, la fine degli anni cinquanta e l’oggi. Il trio dei personaggi protagonisti, due uomini e una donna, porta esattamente gli stessi nomi, ma la situazione, dall’una all’altra vicenda, si è trasformata grazie ai progressivi slittamenti del costume e delle mentalità, ma soprattutto della libertà di scelte sessuali che oggi possono reclamare il proprio valore e diritto, mentre mezzo secolo fa erano spesso costrette a soluzioni di coercitiva cura psichiatrica.

L’inizio dello spettacolo fa soffiare un alito quasi pinteriano dentro un interno di middle class londinese. L’incontro che Sylvia, disegnatrice in ascesa, organizza tra il marito agente immobiliare e lo scrittore di cui deve illustrare il nuovo libro, potrebbe infatti evocare l’antefatto (e la chiave degli sviluppi successivi) dei Tradimenti di Pinter. Tra i due uomini il formalismo dissimula a stento gelosie e reciproche curiosità, e anche una rivalità seduttiva, dell’uno verso l’altro, che si rivelerà «fatale».

Ma immediatamente dopo, una data proiettata sul fondale ci trasporta ai giorni nostri, dove quel triangolo ha tutt’altra formazione, seppur mantenendo ai personaggi gli stessi nomi. La coppia ora è maschile, e vive una crisi all’apparenza profonda, tra l’esibizionismo vanitoso di Oliver che si prepara alla colorita sfilata del gay pride, e il buonsenso riflessivo di Philip che interroga soprattutto la propria sensibilità e la profondità del rapporto. La donna è un’amica intrigante e impicciona, che cerca di ritagliarsi un ruolo in quel menage.

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Così, per scene alternate tra ieri e oggi (senza più didascalie cronologiche, ma col semplice spostamento di un tavolo o di un soggiorno, a parte un radicale passaggio in esterni col fiorire di un tipico parco londinese) procede il racconto, in un gioco di specchi che rovesciano le situazioni, e scoprono di pari passo la trasformazione sempre più incisiva di mentalità e abitudini. E anche di come cambino in pochi decenni intensità, modalità (e anche drammaticità) di una libertà sessuale che oggi appare assolutamente normale e felice (nonostante le immaginabili complicazioni di ruolo e di coppia, che oltrepassano i generi), mentre la seduzione della storia «precedente» non può nascondere il trauma storico di certi processi, e la soluzione di tipo psichiatrico «terapeutico» cui mestamente si sottopone il povero immobiliarista.

Dalla mestizia di quella conclusione poco liberatoria, il finale della commedia arriva positivo e leggero. I due uomini di oggi rinsaldano il proprio rapporto, andranno al pride, e con loro l’amica invadente. E anche gli attori, come i loro personaggi, riacquistano vitalità, quasi sollevati dagli incubi della storia passata. Zingaretti, ovvero Philip torna a essere il deus ex machina della situazione, torna a sprigionare simpatia e ottimismo (con sorprendenti ringraziamenti a tempo di danza swing), dopo aver mostrato l’umiliante conversione del suo «antenato». Maurizio Lombardi, ovvero l’uno e l’altro Oliver, si impegna molto, ma rischia a tratti la maniera; Valeria Milillo si difende (anche umiliandosi, come un’eroina settecentesca) per conquistare premio e vittoria in questa «commedia» per uomini soli; Alex Cendron assolve ai diversi ruoli di spalla necessari. La regia sembra cedere a tratti alle istanze dei personaggi e dei loro interpreti. Ma trionfa comunque la giustizia dei sentimenti buoni e giusti, e non è poco dati i tempi che corrono. Fino al 6 dicembre.