Apriti cielo. Matteo Orfini fa appena in tempo a dire una cosa neanche tanto di sinistra ma semplicemente di buon senso e subito si scatena il solito polverone con relativa minaccia di fare addirittura «le barricate in parlamento». In un’intervista alla Stampa il reggente del Pd indica tra quelle che a suo giudizio dovrebbero essere le priorità del governo Gentiloni anche l’approvazione dello ius soli (temperato), legge che p. Una riforma da approvare se necessario anche «con la fiducia», spiega Orfini. Parole che confermano la difficoltà di licenziare il provvedimento, da 15 mesi in Commissione Affari costituzionali del Senato dopo essere stato approvato dalla Camera, ma fermo anche per non rompere con gli alleati dell’Ncd che dopo aver dato il via libera a Montecitorio da mesi remano contro insieme a Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia.

Il solo aver messo sul tavolo l’ipotesi di un’accelerazione dell’iter della riforma, scatena però alleati e opposizioni. «Se Orfini pensa che lo ius soli sia una priorità se lo voti da solo», taglia subito corto Maurizio Lupi, capogruppo di Area popolare alla Camera (e quindi favorevole alla legge in passato). Toni come al solito più esasperati quelli usati invece da Matteo Salvini che per esprimere il suo dissenso non esita ad evocare la «rabbia» dei tassisti romani. «Fiducia sullo ius soli?», chiede il leader della Lega. «Per me è impensabile ma se dovessero farlo porteremmo in parlamento la rabbia che c’era ieri (martedì, ndr) fuori dal parlamento, isolando ovviamente gli episodi di violenza».

Tanto furore potrebbe essere però fuori luogo. Approvata a ottobre del 2015 dalla Camera la riforma della cittadinanza è ferma da allora in un cassetto del Senato bloccata dai circa 8.000 emendamenti presentati dal Carroccio, ma anche dall’inerzia della maggioranza. Al punto che alla fine di gennaio la minoranza Pd è arrivata a ventilare un presunto scambio tra Pd e Lega; stop al provvedimento in cambio di una legge elettorale. Vero o falso che fosse, la legge non si è mossa. E questo nonostante i numerosi appelli – tra i quali quello del presidente Grasso e di molte associazioni – ad accorciare il tempi. Niente da fare.

A dimostrazione dello scarso impegno del Pd c’è poi il fallimento dei ripetuti tentativi con cui Sinistra italiana ha cercato di togliere la riforma dalla palude i cui si era arenata in Commissione facendola votare direttamente dall’aula e puntualmente bocciati dalla maggioranza. L’ultimo, ironia della sorte, martedì scorso quando dopo l’ennesima proposta di Si e M5S, il trasferimento all’aula è stato bocciato anche con i voti del Pd (solo 63 i senatori favorevoli, M5S, Si e dissidenti dem). Una bocciatura arrivata guarda caso mentre Orfini indicava proprio la riforma della cittadinanza tra le priorità dell’esecutivo.

Le dichiarazioni del reggente potrebbero adesso rappresentare un ostacolo in più per Gentiloni. Mettere la fiducia sulla riforma senza i voti dell’Ncd significherebbe rischiare di far saltare la maggioranza che tiene in vita il governo. Non farlo potrebbe offrire invece al Pd il pretesto per sfiduciarlo, visto che in passato la legge era stata indicata come uno dei fiori all’occhiello del programma renziano.

Nel frattempo le polemiche portano acqua al mulino delle destre. «La sinistra farebbe bene a riflettere», ironizza il leghista Roberto Calderoli. «Tutti quelli che premono sull’approvazione dello ius soli forse dovrebbero riflettere sul fatto che il primo immigrato a cui è stato applicato, un rom bosniaco che nel 2012 andava espulso, venne liberato da un giudice di pace perché nato in territorio italiano. Oggi (ieri, ndr) è stato condannato a 4 anni e 4 mesi per reati gravi quali resistenza e lesioni». Naturalmente il fatto non c’entra niente con il diritto di tanti bambini a diventare italiani, ma fa comunque confusione.