«Renzi fa un errore. L’alternativa non è “o governo con il Pdl o voto”. Il governo con il Pdl non è un’opzione. L’alternativa è “o governo Bersani per cambiare il paese, o voto”. E le priorità del governo che serve al paese, sono quelle di Bersani, a partire dall’attenzione alla questione sociale. Ma mi sembra che anche Renzi stia arrivando a questa conclusione». Tanto per cominciare è già una notizia che Matteo Orfini, leader della sinistra del partito – i cosiddetti ‘giovani turchi’ fin qui opposti all’ala renziana – dica che Renzi fa solo ‘un’ errore. Infatti aggiunge subito: «Quindi è un errore anche dire che se non c’è il governo Bersani non c’è il voto».

È quello che sostiene Renzi, ma anche Bersani.
Invece io dico, dalla notte del voto, che un governo qualunque non ha senso. Se il governo Bersani non si riesce a fare, l’unica alternativa è il voto. La voglia di cambiamento degli italiani va interpretata fino in fondo.
Allora Renzi ha ragione: se Bersani dice no alle larghe intese e no al governissimo, ma no anche al voto, il risultato è la palude.
Ma infatti alternativa al governo Bersani non c’è. Tra l’altro lo stesso Napolitano ha tolto dal campo gli argomenti sulla drammatizzazione dell’eventuale voto quando ci ha spiegato che un governo intanto c’è, quello Monti, e che può governare fino alle elezioni, con l’ausilio delle commissioni speciali. Ma che si voti fra due mesi, fra sei o un anno, noi dobbiamo riprendere l’iniziativa politica. Ho letto che il Pd è contrario all’insediamento delle commissioni parlamentari. Non so dove lo abbiamo deciso, ma io invece credo che le commissioni si debbano insediare. L’idea di un parlamento che non può fare nulla se non ratificare le decisioni di un governo con caratteristiche del tutto peculiari, è un’idea che non sta né in cielo né in terra. Abbiamo bisogno che il parlamento, l’unico legittimato dalle elezioni, faccia qualcosa.

Ma se non ci sarà il governo Bersani, vuole stare un anno con un governo in proroga?
Non dico questo. Ma intanto non dobbiamo perdere un giorno: il parlamento si deve attivare per risolvere alcuni dei tanti problemi. Stare nelle camere a far nulla è una follia. Dopodiché è impensabile ripresentarsi al voto con lo stesso quadro politico di prima. Alle elezioni è successo qualcosa. E non possiamo pensare che il cambio dell’offerta politica si risolva con il cambio di chi vince le prossime primarie. Abbiamo bisogno di aprire un processo nuovo che cambi il sistema politico italiano, e che cambi la qualità dell’offerta di governo.

Cosa significa?
Capire cos’ha funzionato e cosa no. Il tema che emerge è l’enorme disagio sociale, e dobbiamo preparare una risposta all’altezza. E poi non ha più senso mantenere le divisioni di una volta. Le ‘due sinistre’ riconoscono nel campo dei socialisti e democratici europei un punto di riferimento: possiamo ragionare su qualcosa di nuovo che unisca le sinistre e costruisca un rapporto con quelle forze che hanno vinto fuori dagli schemi tradizionali, da De Magistris a Pisapia a tutto quel mondo civico che gira intorno al centrosinistra? È l’occasione del prossimo congresso del Pd: anziché che una conta fra aspiranti leader, facciamone un momento in cui sanare la frattura della sinistra e contribuire a offrire al paese qualcosa di nuovo, forte, credibile.

Sel è il vostro principale alleato. E anche in questi giorni in parlamento si sta comportando da pontiere con le aree civiche, e anche grilline. Perché da dentro il Pd dovrebbe farlo meglio?

Intanto perché europeizzare il sistema politico è comunque un passo avanti. Poi perché consentirebbe di mettere insieme forze ed energie per ripensare quello debbono essere oggi i partiti. Su questo siamo in ritardo. Apriamo una grande discussione, senza l’ossessione degli interessi delle scatole di partenza. Ragioniamo su come il Pd possa diventare il luogo in cui tutto questo si incontra, cambia la qualità dell’offerta politica. E si lavora tutti insieme a ridefinire una forza che vuole essere il futuro del paese. Faremmo del Pd il partito che chiude davvero la seconda Repubblica e apre la Terza.

La proposta di Renzi è diversa. Schematizzo: lui apre a destra, lei a sinistra.
Non so cosa ne pensa Renzi, sarebbe utile discutere con lui di questo più che di Happy days. Comunque è un fatto che oggi Renzi non riproponga più lo schema che ha seguito nelle primarie. E poi io non dico che bisogna rompere con i moderati. Serve un campo largo di alleanze, per questo dobbiamo avere chiaro chi siamo noi: una grande forza popolare, in grado di coinvolgere e che sant’iddio non abbia paura di confrontarsi con il paese. Né di andare al voto, se dovesse succedere.

Lei crede che Monti si alleerebbe con un partito con dentro Vendola, visto che già maltollera lei e Fassina?

Il risultato del voto interroga tutti, ma Monti è quello che ha perso più rovinosamente di tutti le elezioni. Si sarà ormai reso conto che dire che Vendola è poco adatto a governare quando si sta con gli amici di Polverini e Scopelliti fa ridere. O dire che l’alfiere del cambiamento è Casini, e non Vendola. La scoppola che ha preso gli ha fatto capire che quell’impianto parla a pochi, e cioè a quanti hanno preso.

Anche lei, come Renzi, pensa che Bersani stia troppo fermo?
Bersani sta facendo l’unica cosa possibile: provare a dare una soluzione allo stallo uscito dalle elezioni. La sua ipotesi di governo del cambiamento è l’unica possibile. Ma mentre facciamo questa battaglia, non possiamo passare il tempo a inseguire la dichiarazione di giornata: dobbiamo aprire una prospettiva politica. Il rischio delle elezioni c’è e noi non possiamo arrivarci impreparati. E aggiungo: diamoci tutti una calmata. Sia Renzi, nei toni delle interviste, sia quelli che gli rispondono che lui è come Berlusconi. Comunque vadano le prossime primarie, è un fatto che non tutti quelli che hanno votato Renzi poi hanno votato Bersani, e sarebbe successo lo stesso in caso contrario. Le scorie delle primarie non si sono riassorbite. La prossima volta dobbiamo usarci più garbo e capire che il nemico non è tra noi. La sfida sarà complicatissima contro Grillo e Berlusconi, se perdiamo tempo a litigare fra di noi è una sciagura. Lo dico da noto esagitato, è un’autocritica.
Sta dicendo in altre parole che la sinistra non presenterà un suo candidato contro Renzi, nel caso?
Non sto parlando di candidati. Sto proponendo di fare delle cose. Aprire una discussione politica e sulla base di quella scegliere un candidato. L’idea che se cambiamo cavallo e lasciamo tutto com’è si vincono le elezioni è una sciocchezza.

Renzi parla di un ‘job act’. Non sappiamo ancora che significa, ma intanto dice che il lavoro è una priorità.
Mi pare un bel passo avanti. Stefano Fassina nel 2012 scrisse un libro, Il lavoro prima di tutto, e il fatto che oggi Renzi pronunci almeno lo stesso titolo lo considero un successo egemonico.

Il giuslavorista di Renzi alle primarie era Pietro Ichino.
E ora invece saggiamente sposa almeno l’agenda delle priorità di Fassina. Bene.

Torniamo a Sel. Questa sua proposta aprirà a Vendola un bel problema, da sinistra.
Lasciamo stare le letture politiciste di chi ci attacca da sinistra e chi si spaventa a destra: roba vecchia, disastrosa. Chi attacca Sel da sinistra o è scomparso, o non ha preso un consenso tale da preoccupare Sel. E comunque non dobbiamo aver paura di fare una discussione con la sinistra che esiste, che è forte. Non possiamo stare fermi, e occuparci di quello che succede fra una settimana.

A proposito, che succede? Come il Pd sceglierà la sua rosa di candidati al Colle?

Siamo in una fase nuova, dobbiamo essere trasparenti sulla scelta dei criteri e del profilo. Il prossimo capo dello stato deve essere una personalità non rappresentativa solo di una parte. Il voto racconta di un’Italia divisa in tre. Dobbiamo trovare figure non di parte ma rappresentative di tutti. Una così c’è, e sta già al Quirinale. Se davvero non è disponibile, bisognerà trovare qualcuno che si avvicini al suo profilo.