Sono senza alcun paracadute sociale, ignorati per non dire abbandonati dalle istituzioni: gli orfani dei femminicidi, nelle stime, sono almeno duemila in Italia e crescono di numero in base alla media di una donna uccisa dal suo partner o ex partner ogni tre giorni.

BAMBINI E MINORI che hanno assistito alle violenze domestiche anche per anni e spesso si trovano ad essere testimoni dell’atto finale, il padre o il compagno della madre che la uccide. Il dopo resta al momento un pozzo oscuro, una situazione kafkiana che si sovrappone al lutto e allo shock, senza nessuna luce per risorgere se non quella affidata al caso e al «buon cuore» di qualche amico o parente della madre, se c’è e tra mille difficoltà burocratiche come documentato dal rapporto europeo Switch-off e dalle ricerche della professoressa Anna Costanza Baldry. Se non interviene un giudice restano sotto la tutela del padre-uccisore, espropriati della pensione e dei beni della madre, senza una presa in carico da parte di servizi specializzati, a dover pagare costose parcelle – chi può, solo chi può – per avere un supporto psicologico, cure e risarcimenti del danno subìto.

AFFIDATI a volte ai nonni paterni, con il groviglio emotivo che ne consegue, oppure finiscono in istituto. Tantissimi si colpevolizzano, si isolano, non riescono a seguire le lezioni a scuola, diventano aggressivi o autolesionisti. E una volta adulti, quando nessuno li ha aiutati a uscire dal pozzo di violenza di genere, non c’è da stupirsi se tendono a reiterare le stesse logiche di vittime e di carnefici. Si ritrovano insomma «tre volte orfani, della madre morta, del padre in carcere e terzo, orfani dello Stato che non li tutela»: è la descrizione che ne fa Roberto Capelli, deputato di Centro democratico e primo firmatario della proposta di legge già approvata in prima lettura dalla Camera che introduce tutta una serie tutele automatiche in favore dei figli delle vittime di femminicidio, sia all’interno che fuori dal matrimonio.

ALLA CAMERA la proposta di legge è passata spedita, all’unanimità, nel periodo a ridosso dell’8 marzo e della grande mobilitazione di donne contro la violenza di genere, poi però al Senato si è arenata e da oltre un mese giace in commissione Giustizia senza neppure essere calendarizzata.

IERI A PALAZZO MADAMA, dopo aver provato con tutti i canali ufficiali a far pressione perché il presidente della II commissione, l’alfaniano Nico D’Ascola, la mettesse finalmente in discussione – sollecitato anche da Pietro Grasso – un gruppo di parlamentari promotori, tra cui lo stesso Capelli, ha convocato una conferenza stampa per un’appello corale all’approvazione della legge entro la fine della legislatura. «A noi la legge piace così come l’abbiamo presentata ma si potrà in ogni caso migliorare nella prossima legislatura alla luce della sua applicazione – dice il senatore Luciano Uras, ex Sel ora in Campo progressista con Pisapia – l’importante ora è approvarla in via definitiva per dare finalmente una tutela a questi ragazzi, minori ma anche diventati maggiorenni, coinvolti in questi eventi tragici».

Loredana De Petris, Sinistra italiana e presidente dei senatori del gruppo misto, spiega che per ottenere l’unanimità alla Camera la proposta di legge è stata emendata inasprendo fino all’ergastolo la pena per il femminicidio, una stretta giustizialista su cui potrebbero riversarsi perplessità e nuovi interventi di modifica. Lo stesso Cappelli – «sono un garantista» – e il pool di avvocate che ha collaborato a redigere il testo di legge spiegano che la modifica del codice penale all’articolo 577 poco aggiunge rispetto alle aggravanti già previste e serve, oltre come simbolo di intransigenza verso il femminicidio, a evitare patteggiamento e rito abbreviato.

LE MODIFICHE più significative riguardano il codice civile. Sono quelle che prevedono in automatico il patrocinio gratuito (sia in sede penale sia civile) al di là del reddito, il sequestro conservativo immediato dei beni della vittima in attesa della sentenza definitiva, la sospensiva automatica del coniuge, partner o ex rinviato a giudizio per l’omicidio della donna per quanto riguarda la reversibilità della pensione, i titoli di successione ereditaria, mentre si privilegia l’affido del minore a fratelli e parenti fino al terzo grado. In più si istituisce un fondo speciale come quello delle vittime di mafia, con una dotazione di 2 milioni annui, per borse di studio e inserimento lavorativo dei giovani orfani per «crimini domestici».