Uno dei dipinti più toccanti dell’ultimo Tiziano è il Supplizio di Marsia, nella Pinacoteca del Castello di Kromerí, Repubblica ceca. C’è un’oscura radura in un boschetto molto umido, un’aria pesante, silente, con presagi di tempesta. Alcune figure si muovono sulla scena intorno a un giovane appeso a un albero a testa in giù. È il satiro Marsia e un Apollo particolarmente antipatico lo sta scuoiando con perizia e sussiego, aiutato da un brutto ceffo barbuto. Appeso all’albero/forca c’è il flauto di Pan con cui l’incauto satiro ha osato sfidare il solare dio che si cimentava invece con uno strumento a corda. Oltre a Marsia, immobile è Mida, seduto nella posizione del malinconico, occhio perso nel vuoto, gomito poggiato sul ginocchio e mano sul mento. Sotto la sua corona regale spuntano le orecchie d’asino che si è meritato per aver dichiarato Marsia vincitore della gara musicale. Il vecchio Tiziano, pittore potente e di statura europea (che ai tempi voleva dire mondiale) mette la sua faccia proprio su questo personaggio: è sua la stempiatura, è suo il naso aquilino. La musica dei potenti non la sopporta proprio più. Meglio situarsi in meditazione temporanea tra i non-vincitori, in attesa magari di un riscatto sotto la protezione di Dioniso e del suo «eterno ritorno».
Le orecchie d’asino sono peraltro attributo del giudice ignorante già nella Calunnia di Apelle di Botticelli e sono presenti a cascata in innumerevoli incisioni con giudici «asinini» nelle tante raccolte di emblemi e repertori simbolici che tra ’400 e ’500 furono parte integrante e supporto per il percorso formativo dell’élite colta. Ma perché l’asino è arrivato ad avere questa cattiva fama? Una favola di Fedro, rivisitata nel Medioevo a partire da Boezio, ci racconta di un asino che, trovata una lira in un prato, la compiange perché lui è del tutto inadatto a suonarla. Inadeguato, ovvero ignorante.

Un’infinità di capitelli nella Francia romanica, a Aulnay, a Brioude, a Poitiers, mostrano asini alla lira come immagine dell’ignoranza. La causa prima però sembra sia ancora più indietro, nell’antico Egitto dove Seth, l’uccisore di Osiride, secondo quanto racconta Plutarco, era rappresentato come un asino rosso e la sua sgraziata voce veniva associata al suono della tromba, che gli egiziani odiavano. Ma la valenza simbolica dell’asino è ambigua come e forse più di altre. Dovunque nel vicino oriente antico è cavalcatura impareggiabile per il deserto, tanto da essere normalmente impiegata dai re. Gesù sceglie proprio un asino per entrare a Gerusalemme e la sua non è una scelta di umiltà ma di continuità con i capi delle tribù antiche, i Giudici di Israele. Le cose si complicano in epoca cristiana con i commenti dei Padri della Chiesa che lo associano al popolo ebraico. Ecco allora che in un filone di immagini la Sinagoga bendata cavalca un asino che è figura dell’ignoranza e cecità del popolo ebraico che non accetta Cristo come messia.

Una straordinaria saldatura per immagini di questi temi è la Natività di Piero della Francesca nella National Gallery di Londra, dove un asino (rosso, guarda caso) raglia poco rispettosamente disturbando il mistico raccoglimento intorno al Cristo neonato.

E così in molte rappresentazioni della vicenda umana del figlio di Dio l’asino sta su un crinale ambiguo tra la mansuetudine e l’affidabilità che ne fanno il compagno ideale di una popolazione nomade, il servo sicuro, e l’irrequieta animazione di qualcuno che si sente fuori contesto e allora tira con la bocca un lembo del panno su cui è poggiato il Bambino, mangia la paglia della mangiatoia, oppure, appunto, raglia. Il raglio in assoluto più eloquente nella sua malagrazia è quello dell’asino nell’Adorazione dei Magi di Dürer agli Uffizi di Firenze.
E al pennello, anzi, al bulino di Dürer si devono una serie di incisioni per la Nave dei folli di Sebastian Brandt, un testo della fine del ’400 che stigmatizza la follia identificandola con il peccato. Le incisioni brulicano di orecchie d’asino e di asini, anche perché per Brandt la lussuria, imputata da sempre al povero asino per via della sua prestanza sessuale, è radice di ogni peccato. Una delle incisioni più interessanti mostra una ruota della Fortuna, mossa dalla mano di Dio, su cui si avvicendano tre figure, quella che sale ha la testa e le zampe anteriori da asino, quella in cima è un asino intero e quella che scende, precipitando in una fossa, ha la testa da uomo e le zampe e il posteriore da asino: il pessimista autore identifica l’ascesa al potere con la fatale caduta nella follia. Tre secoli dopo, un altro grande pessimista, Francisco Goya y Lucientes ritrae alcuni asini nei suoi Caprichos, aspra critica alla società del suo tempo che lo aveva profondamente deluso: maestri inadeguati e boriosi, dal comportamento assurdo e saccente, meritatamente accompagnati da scimmie.
Ma c’è un versante di senso positivo legato all’asino ed è quello della sua natura indipendente e solitaria. Figura di uomini che bastano a se stessi, con il favore di Dio secondo i Padri della Chiesa, aiutati di certo da scarse pretese, un piccolo campo, qualche cespuglio da masticare, ma dotati di un super-potere: una resistenza stratosferica alle avversità.

Per Giordano Bruno (Cabala del cavallo pegaseo) la capacità di sopportare un durissimo lavoro è la premessa indispensabile per qualsiasi percorso di conoscenza, sia personale, sia di civiltà. Ancor meglio se si parte dalla «santa» ignoranza, percorrendo il doppio binario dei contrari, senza pregiudizi, invece di fare come i membri della «poltronesca setta di pedanti» che, loro sì, stanno lì a ruminare su quello che altri hanno prodotto. E sicuramente Marc Chagall è dalla parte dell’asino umile, paziente e dignitoso lavoratore. In Davanti al quadro, del 1968, si autoritrae due volte, come un asino mentre dipinge un quadro che rappresenta un Cristo crocifisso che ha le sue stesse sembianze. Il se stesso-Cristo guarda con tenerezza all’indietro, verso i genitori, e il se stesso asino guarda in avanti verso di noi con un’espressione dolce di consapevolezza che la conoscenza va necessariamente in due sensi di marcia.

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