Il «cretino», quello che scambia il corpo di una giovane ragazza per uno zainetto impunemente calpestabile, il poliziotto in borghese esibito ripetutamente da giornali e televisioni come simbolo mediatico di ogni violenza poliziesca «fuori dalle regole», l’uomo messo all’indice dalla recita dello stato di diritto che «non guarda in faccia nessuno» non dovrebbe sentirsi troppo solo. Passano pochi giorni dalle cariche di piazza Barberini ed ecco che i suoi colleghi, nel corso dello sgombero violento di una palazzina nel quartiere romano della Montagnola, questa volta in divisa, si accaniscono a colpi di manganello su chi giace inerme in terra. Con tutta evidenza non può essere scambiato per uno zaino o un sacco della spazzatura. Sono corpi ben riconoscibili e del tutto incapaci di difendersi quelli che vengono ripetutamente, deliberatamente, colpiti a sangue da un folto gruppo di poliziotti.

È uno sgombero di occupanti, di senza casa, di sfrattati, non ci sono Palazzi del potere da difendere, zone rosse o piazze da tenere sotto controllo. Si tratta solo di fare male e di fare paura. Di una strategia della deterrenza difficilmente riconducibile al puro e semplice piacere poliziesco di menar le mani. Il video che ritrae il pestaggio è, se possibile, ancora più crudo di quelli girati durante le cariche di sabato scorso. Non offre «immagini-simbolo» tenere o commoventi su cui fare cattiva poesia. Solo la testimonianza di quell’ordinaria violenza che quotidianamente si esercita nelle caserme, nelle carceri, per le strade e che, nel corso degli ultimi anni, si è lasciata dietro un buon numero di vittime.

La gratuita brutalità messa in campo alla Montagnola non può che significare due cose. O che ciò che dicono i vertici della polizia e il Ministero degli interni conta meno di niente, che gli agenti se ne infischiano altamente. O che, «contrordine ragazzi! Nessuno vi vieta di pestare a piacimento, anzi». A dire il vero c’è anche una terza possibilità: che tutta questa indignazione per i diritti (e i corpi) calpestati dei cittadini non sia altro che una miserabile messa in scena. E forse è proprio quest’ultima eventualità la più probabile. Gli «eccessi» di polizia in Francia li chiamano «sbavature», qui da noi ci si consola con la trita storiella delle «mele marce». Ma tutti sanno che il problema sta nel frutteto e, ancor più, nel suo coltivatore.