La tecnica è sempre la stessa, ormai ben collaudata: enormi manifesti dai quali le facce degli avversari fanno capolino sopra slogan che Viktor Orbán, più che per convincere, utilizza per spaventare gli ungheresi facendogli credere l’esistenza di un piano dell’Unione europea per riempire l’Ungheria di migranti.

Un esempio perfetto di quello che a Bruxelles hanno già bollato come una «ridicola falsità», è stato annunciato ieri dal governo di Budapest e prenderà il via nei prossimi giorni. Nel mirino del premier magiaro ci sono il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker – negli ultimi tempi attaccato sempre più spesso – e il finanziere americano di origine ungherese George Soros, diventato ormai una vera ossessione per Orbán. Le facce di entrambi vengono usate per lanciare l’ennesima campagna contro l’immigrazione «clandestina» che i due sono accusati di voler invece favorire: «Anche tu hai diritto di sapere cosa sta preparando Bruxelles», ammonisce la scritta sul cartellone. Per poi proseguire con l’elenco dei misfatti che i «burocrati» della Ue starebbero preparando alle spalle degli ungheresi: «Vogliono introdurre la quota di redistribuzione obbligatoria (dei richiedenti asilo, ndr), indebolire i diritti degli Stati membri per quanto riguarda la difesa delle frontiere, facilitare l’immigrazione con un visto per i migranti».

Naturalmente niente di tutto questo è vero, tanto più se si considera che l’Ue è da anni paralizzata dalla sua incapacità di trovare un meccanismo che metta d’accordo tutti gli Stati membri sulla distribuzione dei richiedenti asilo. Ma agitare lo spauracchio dell’immigrazione torna utile a Orbán sia in vista delle prossime elezioni europee di maggio, sia perché si avvicina sempre più il momento in cui il Consiglio europeo dovrà discutere in merito alle procedure sul rispetto dello stato di diritto in Ungheria e decidere l’eventuale attivazione dell’articolo 7 del Trattato dell’Ue contro Budapest.

Non a caso le reazioni di Bruxelles all’ennesimo attacco del premier magiaro non si sono fatte attendere. «Non è vero che l’Unione mina la protezione delle frontiere, è l’esatto contrario. E non c’è alcun piano per i visti umanitari», ha detto un portavoce della Commissione europea, per il quale «la campagna del governo ungherese mendica la fiducia dei cittadini. È scioccante che una teoria cospirazionista così ridicola abbia raggiunto il livello di attenzione che ha in Ungheria».

Non è la prima volta che Orbán fa ricorso a campagne di questo tipo. A settembre del 2017 nelle strade del Paese comparvero enormi manifesti con la faccia di Soros sorridente e la scritta «Non lasciate a George Soros l’ultima risata». Una caccia alle streghe scatenata al solo scopo di sostenere una consultazione popolare contro un inesistente piano del finanziere per smantellare i confini e insediare un milione di immigrati. Campagna fatta utilizzando toni e stile che ricordano la propaganda antisemita di 80 anni fa (Soros è di origine ebraica). E seguita da un pacchetto di leggi battezzate non a caso «Stop-Soros», con cui si colpiscono le ong ungheresi che aiutano i migranti.

Paradossalmente la nuova campagna prende avvio nel giorno in cui Orbán, in visita a Gerusalemme promette, in maniera abbastanza ambigua, di fare del nuovo parlamento europeo che uscirà dalle urne, un baluardo contro l’antisemitismo. «Faremo in modo che i nuovi leader europei – ha spiegato – non siano finanziati da ong che intervengono negli affari politici e che promuovano atteggiamenti anti-israeliani». Parole che appaiono come un riferimento, neanche tanto mascherato, al solito Soros.