I sogni di Orban di una «internazionale sovranista» europea che abbracci anche la Russia sono destinati a restare per ora nel cassetto. Alla vigilia dell’incontro di ieri a Mosca con Vladimir Putin il premier ungherese, alla ricerca di una sponda sulla Moscova dopo le reprimende del parlamento europeo, era tornato a sottolineare che «ora moltissime forze politiche in Europa si stanno rivolgendo alla Russia, cercando in essa una sorta di alternativa all’ideologia globalista. Non solo in Ungheria: lo stesso avviene nella società francese, in Germania, in Italia».

Ma su questo a Mosca si preferisce tergiversare. Da tempo il Cremlino ha messo in chiaro che ai contatti diretti con la Ue preferisce il bilateralismo e la politica delle mani libere in campo diplomatico: gli storici e solidi rapporti diplomatico-economici con la Germania e quelli potenziali con la Francia, rendono assai guardingo il presidente russo. Orban, come il neonato governo italiano, del resto sulle sanzioni anti-russe si è sempre limitato alle belle parole, votando senza fiatare la loro estensione.

Un piccolo assist a Orban però Putin ha voluto concederlo. Interrogato sulle migrazioni in Europa, Putin dopo aver premesso che si «tratta di affari interni alla Unione Europea» non si è trattenuto dal criticare le politiche di accoglienza. «Se incoraggiamo queste migrazioni con alti assegni di mantenimento e altri bonus, perché questo flusso dovrebbe cessare? Non lo capisco davvero» ha chiosato lo «Zar».

Orban ha gradito e ricambiato proponendosi come il «grande mediatore» della guerra fredda 2.0. «Quando le cose vanno male tra Occidente e Oriente l’Ungheria ci ha sempre rimesso», ha voluto sottolineare Orban, che facendo poi riferimento all’ampliamento concordato con la Russia della centrale nucleare di Peks costruita in epoca sovietica ha dichiarato: «Credo che questo business, sia un fiore all’occhiello della cooperazione tra Est e Ovest da portare assolutamente a termine», anche se ha ammesso che all’interno della Nato e della Ue in molti l’avversino.

Il resto dell’incontro tra i due leader è stata dedicata al business. Orban era giunto al Cremlino con il capello in mano per farsi estendere le condizioni di favore per l’acquisto del gas e di petrolio (si dice il 30% di sconto sui prezzi normalmente concessi) che dal 2015 gli ha fatto improvvisamente piacere Putin.

L’Ungheria oggi dipende dalla Russia per il 75% del suo fabbisogno di gas e per il 60% per il petrolio. Putin non solo ha esteso le stesse condizioni al partner magiaro oltre il 2020 ma in conferenza stampa ha fatto baluginare la possibilità di allungare il Turkish Stream attualmente in costruzione che porterà il gas russo nel paese della Mezza Luna entro il 2020, fino a Budapest.

Malgrado le dimensioni dell’interscambio tra i due paesi resti ancora minuscolo (un miliardo di dollari l’anno), negli ultimi anni è continuato a crescere malgrado le sanzioni. Solo nel 2017 – ha ricordato Putin – è aumentato del 25%.