Dopo cinque anni di lavoro il ministro della Difesa ungherese Csaba Hende si è dovuto dimettere. La barriera voluta dal governo al confine ungaro-serbo per provare a creare un argine contro il fenomeno dell’immigrazione nel paese non ha risposto finora alle aspettative dell’esecutivo in quanto i migranti entrano lo stesso. Il primo ministro Viktor Orbán insiste sulla necessità di mantenere una linea dura per fronteggiare adeguatamente l’emergenza e la prospettiva della militarizzazione del confine appare sempre più prossima.
In una riunione con gli ambasciatori il premier ha detto che forse un giorno si potrà parlare di quote «ma ora – ha aggiunto – il problema è la difesa dei confini dell’Unione europea». Orbán ha sottolineato il fatto che la maggior parte dei migranti viene in Europa non per motivi legati alla guerra o a persecuzioni da parte di stati totalitari, ma per cercare una vita migliore in un paese forte dal punto di vista economico. Il capo del governo e leader del partito Fidesz è poi tornato sul problema della convivenza con popoli molto diversi. «Noi in Ungheria conviviamo da secoli con i Rom – ha aggiunto – non vogliamo vivere con i musulmani perché la loro è un’altra cultura e gli ungheresi non vogliono questa presenza».
Il concetto è chiaro e non nuovo: da tempo «l’uomo forte» d’Ungheria descrive quello dell’immigrazione come un fenomeno negativo e minaccioso per i valori europei e in quanto potenziale veicolo di terrorismo. Per questo sente come principale compito la difesa dei confini nazionali. Quello del sud è diventato la porta d’accesso dei numerosi migranti che passando per la rotta balcanica giungono in Ungheria con l’intento di andare nei paesi dell’Europa più ricca e stabile. Così il governo ha voluto una barriera destinata a percorrere la linea di confine con la Serbia in tutta la sua lunghezza: 175 chilometri di metallo e filo spinato per proteggere un valico poroso e quindi l’Europa. Ma l’opera non è stata ancora completata. La struttura fondamentale c’è ma va irrobustita e resa più adatta alla situazione aggiustandone l’altezza che, secondo i piani, deve essere di quattro metri. È quindi necessaria una seconda fase di lavori ma il tempo stringe e Orbán chiede che vengano ingaggiati più operai per terminare l’opera al più presto. Per la metà del mese è prevista l’adozione di misure più severe per proteggere la frontiera, il governo ha anche avviato una campagna informativa sull’immigrazione con volantini che da domenica scorsa, secondo quanto riferito dalle autorità di Budapest, vengono distribuiti lungo il percorso meridionale che porta all’Ungheria.
In questo modo i migranti vengono avvisati che la violazione delle frontiere è un crimine per il quale è prevista la prigione.
Lunedì sera a Röszke un folto gruppo di migranti è riuscito a sfondare le linee della polizia per cercare di raggiungere in qualche modo Budapest e da lì l’Austria o la Germania, le mete più ambite dalla maggioranza. Nel centro di identificazione allestito sul posto a titolo provvisorio gruppi di volontari ungheresi e austriaci portano medicinali e beni di prima necessità e temono che ci sia tra i migranti anche qualche caso di tubercolosi. Da domenica alla stazione di Szeged, città situata anch’essa nel sud del paese, nessuno può allontanarsi dal posto senza il documento di identificazione della polizia. La situazione quindi continua a essere molto delicata e per il premier Orbán è sempre più vero che se non si chiudono le frontiere l’Europa sarà invasa da milioni di migranti. La polizia sorveglia i punti nevralgici della crisi e cerca di impedire altre fughe e disordini dai centri. Quella stessa polizia criticata dai migranti, giudicata da loro troppo dura e pronta a caricare subito. Un articolo uscito sulla versione online del settimanale ungherese di politica HVG afferma che l’Onu è in pena per l’Ungheria ma elogia il comportamento delle sue forze dell’ordine. Alla stazione Keleti il clima è cambiato nei giorni scorsi ma ieri le autorità hanno registrato lunghe code formate da migranti che cercano di prendere un treno per l’Austria.
Intanto si è saputo che la Commissione europea ha stanziato quattro milioni di euro per l’Ungheria. Si tratta di fondi allocati per aiutare lo Stato danubiano a fronteggiare l’emergenza profughi. Lo stanziamento ha avuto luogo a seguito della richiesta presentata dalle autorità ungheresi a metà agosto. La somma sarà messa a disposizione per migliorare e rafforzare il sistema di accoglienza del paese ed entro il mese di settembre il commissario europeo all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos sarà in visita a Budapest.