L’Austria ha convocato per oggi a Vienna i ministri degli Interni e degli Esteri di Macedonia, Croazia, Slovenia, Serbia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Albania e Kosovo per coordinare, in questo cenacolo da tardo impero asburgico, le nuove restrizioni spacciate per «gestione» dei flussi migratori sulla rotta balcanica.

Il che significa che anche il piccolo neo-stato del Kosovo – poco più grande della sua capitale, Pristina – dove qualche migrante è entrato in questi mesi solo per sbaglio, perché disorientato tra barriere e fili spinati, avrà diritto di parola e decisione mentre la Grecia, attraversata dall’80 per cento dell’intero flusso che ha portato un milione di rifugiati in Europa, resterà fuori dalla porta.

Il premier greco Alexis Tsipras nel pomeriggio ha telefonato al suo omologo olandese Mark Rutte (l’Olanda ha la presidenza di turno dell’Ue) per protestare di essere stato lasciato fuori dal vertice di Vienna.

«Le decisioni in materia di flussi di rifugiati devono essere prese collettivamente, senza esclusioni», ha provato ad argomentare Tsipras, che nel frattempo deve sobbarcarsi i pesanti effetti della decisione presa domenica dall’ex repubblica di Macedonia di chiudere la frontiera ai richiedenti asilo afghani e a quelli che non possono esibire un documento valido, magari perché perso nella traversata dell’Egeo.

Sul confine macedone di Idomeni ci sono stati nuovi momenti di tensione. Decine e decine di migranti – afgani, siriani, pakistani – hanno invaso i binari ferroviari bloccando i treni merci diretti a Nord e la polizia greca è dovuta intervenire per spostarli.

Cosa intendano fare i paesi «neo-asburgici», quali misure intendano prendere nel patto separato di oggi, è stato in gran parte anticipato da un pre-vertice di polizia che si è svolto a Zagabria giovedì. Il capo della polizia croata, Vlado Dominic, lo ha rivelato al sito Balkan Insight. «Faremo firmare una dichiarazione congiunta – ha detto intendendo i capi della pubblica sicurezza di Austria, Croazia, Macedonia, Slovenia e Serbia – per un protocollo di trasferimento congiunto dei migranti dal confine greco-macedone diretto in Germania».

L’Austria ha già autonomamente fissato la quota dei richiedenti asilo che potranno transitare nel suo territorio verso la Germania: 3.200 al giorno (più 80 che potranno restare). Questi, presumibilmente, saranno in qualche modo «piombati» e trasferiti lungo la rotta balcanica. La restante parte di «indesiderati», evidentemente, dovranno cercare altre strade per evitare di rimanere intrappolati nel collo di bottiglia.

Il capo della polizia croata Dominic ha spiegato che questo corridoio sarà rafforzato da guardie di frontiera dei paesi coinvolti, inclusi Albania e Bulgaria, servirà a rendere «indolori» i viaggi dalla Grecia all’Austria e a evitare di dover espellere persone senza i requisiti stabiliti dai paesi ospitanti. Il vice ministro per le Migrazioni di Atene Yannis Moulazas è andato su tutte le furie: ha convocato l’ambasciatore austriaco Andrea Ikic-Böhm per recapitare un messaggio a Vienna in cui si definisce il vertice separato un «atto unilaterale e non amichevole» nei confronti della Grecia.

Il ministro della Difesa Panos Kammenos, tolta la mimetica per partecipare alle pre-manovre Nato nell’Egeo, ha convocato una riunione di emergenza e secondo i media greci il governo di Atene sta valutando di utilizzare vecchie caserme per alloggiare i migranti bloccati al Pireo, ammassati nelle aree di servizio di Idomeni, nelle isole e nel centro d’accoglienza della capitale.

Secondo Gemma Gillie, portavoce di Medici senza frontiere, «se la Fyrom non riapre presto i valichi agli afghani la capacità di alloggio della Grecia si esaurirà in otto giorni». Molto preoccupato per l’appesantimento della situazione in Grecia e per «le frontiere sempre più chiuse nei Balcani che creano caos, oltre al probabile aumento dei flussi irregolari», si dice, da Lesbo, Filippo Grandi, nuovo Alto commissario Onu per i rifugiati.

Persino lo sperduto Montenegro ha sigillato i confini. Mentre Viktor Orban da Budapest si dice disponibile a contribuire a presidiare con guardie ungheresi i valichi di Macedonia e Bulgaria e ad aggregarsi, con la Romania, la Serbia e la Croazia nei respingimenti di terra.

Sia il Belgio sia la Danimarca hanno di nuovo temporaneamente sospeso la libera circolazione prevista per l’area Schengen. Il Belgio come conseguenza del previsto sgombero della «Jungle» di Calais da parte della Francia, la Danimarca per «mantenere la sicurezza e l’ordine», ha detto la ministra del ratto degli ori ai rifugiati, la bionda Inger Støjberg.

E a risolvere tutto questo parapiglia paradossale dovrebbe pensarci il summit Ue-Turchia sui migranti convocato il 7 marzo.