I temi del G20 dei Ministri degli Esteri, riunitosi da ieri in una rovente Matera, sono essenziali ma fondamentali: multilateralismo, Africa e sicurezza alimentare. Temi che poggiano, nella loro fattibilità, su un altro macro-tema: quello della sostenibilità del debito dei paesi in via di sviluppo.

«La pandemia ha messo in luce la necessità di una risposta internazionale coordinata ad emergenze che trascendono i confini nazionali» ha dichiarato il ministro Luigi Di Maio in apertura della ministeriale. Una delle emergenze sottaciute, ma non per questo meno urgenti da affrontare, è quella proprio relativa alla sostenibilità del debito: lo ha detto chiaramente la vice di Di Maio, Marina Sereni, che la scorsa settimana ha presieduto il webinar di presentazione di Release G20, una proposta dell’associazione Link2007 per la ristrutturazione e la cancellazione, dove possibile, del debito dei paesi a basso reddito.

Per la viceministra Sereni uno degli obiettivi della presidenza italiana del G20 è proprio «ristrutturare gli investimenti in modo da poter sostenere la ripresa dopo che la pandemia ha esacerbato tante crisi già in atto. Ridurre il debito dei Paesi più poveri è una sfida cui l’Italia non si sottrae, soprattutto ora che diventa sempre più difficile, in particolare in Africa, perseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Onu». Una direzione indicata già da febbraio da Release G20, e dal presidente di Link2007 Roberto Ridolfi in una lettera aperta indirizzata a Mario Draghi, che probabilmente diventerà la posizione ufficiale della presidenza italiana del G20.

Nei prossimi tre anni il debito pubblico dei Paesi africani supererà i 950 milioni di dollari: «Per questo proponiamo Release G20» dice al manifesto Roberto Ridolfi, «una proposta che si fonda sulla ristrutturazione, e quindi la riconversione, di parte di questo debito in investimenti in valuta locale finalizzati agli Obiettivi di sviluppo sostenibile». Ridolfi spiega che Release G20 prevede, attraverso strategie diverse, che ogni Paese invece di ripagare il debito ai diretti creditori o ai partner privati depositi la stessa cifra in valuta locale direttamente nel Paese, in modo da creare un fondo di investimento da usare in azioni di sviluppo interno, un’azione concreta che andrà di pari passo con «la creazione di un meccanismo di monitoraggio all’interno del sistema delle Nazioni Unite, per controllare che i fondi siano investiti per finalità in linea con gli Obiettivi di sviluppo».

Si tratta quindi di creare spazi di investimento nazionali, gestiti localmente dai governi ma in cui il ruolo del settore privato è la chiave per un concreto sviluppo. La proposta è stata accolta con favore da diversi governi africani e dall’Agenzia per lo Sviluppo dell’Unione Africana (NEPAD): «Ogni anno l’Africa perde 99 milioni di dollari di finanziamenti. Questo dato, combinato a istituzioni deboli, diventa una dinamica che limita le potenzialità dei nostri Paesi.

Ristrutturare il debito sarà essenziale per garantire la ripresa e per questo apprezziamo la proposta Release G20 e gli strumenti innovativi che arrivano dalla presidenza italiana del G20» ha dichiarato al webinar Ibrahim Assane Mayaki, direttore generale NEPAD. Certo, ci sarà da lottare perché la questione riguarda il dare le giuste priorità; se è vero che l’Africa pre-pandemia era il continente più in crescita al mondo, sia in termini di punti di Pil che demografici, è anche vero che la dimensione del debito dei paesi africani depotenzia il reale slancio che la crescita economica potrebbe garantire, il quale paga oggi problemi cronici la difficoltà di far sentire la propria voce, in modo autorevole, nei consessi internazionali. Le cose stanno cambiando ma ora bisogna fare presto.