Mariano Rajoy adesso ha premura. Nonostante lo stallo apparente di questo nuovo round governativo, il «viejo Mariano», come lo chiamano i suoi elettori più fedeli, vuole correre e arrivare prima possibile ad avere le idee chiare sulle possibilità di essere un primo ministro con i numeri dalla sua parte. Le prime carte saranno messe sul tavolo già oggi.

Lo scopo: ottenere un compromesso con i socialisti (o tramite appoggio o con astensione) ed eventualmente con Ciudadanos e arrivare così alla formazione di un governo che possa reggere almeno per qualche tempo. Non sarà facile.

In una conferenza stampa tenutasi ieri a Bruxelles Rajoy ha annunciato che comincerà i colloqui proprio oggi con Pedro Sanchze, divenuto ormai il vero e proprio ago della bilancia, nonostante il risultato elettorale peggiore della storia del partito socialista. L’esito del 26 giugno infatti ha riproposto uno stallo numerico esattamente come il 20 dicembre scorso. Si riteneva però che la situazione politica si potesse considerare differente. Ma più passano le ore dal voto, più Psoe e Ciudadanos tengono ferma la loro intenzione di non negoziare, nonostante le fratture interne.

A questo proposito ieri il leader di Ciudadanos (partito che casualmente ha ottenuto un riconoscimento proprio quando Podemos è entrato in modo potente sulla scena politica del paese) ha rimesso la palla nel campo dei socialisti: sono loro, ha detto il leader Albert Rivera, che possono affiancare Rajoy nel governo. Rivera si è infatti confermato contrario a un governo «continuista», con le stesse persone e le stesse politiche «di sempre».

Chiede delle riforme, delle modifiche, senza spiegare bene in quale direzione. L’unica cosa certa – almeno a parole – è che non vuole appoggiare Rajoy. E alcuni dei fondatori di Ciudadanos hanno scritto una lettera in cui criticano questa posizione, considerata troppo intransigente e fumosa. Dal canto loro i socialisti viaggiano con la consueta frattura interna, che non aiuta certo a liberare il cielo politico spagnolo dal ritorno di nubi pesanti.

All’interno i socialisti c’è una parte consistente della dirigenza che sarebbe favorevole all’accordo. Ma a Rajoy interessa avere qualche certezza in più già il prossimo 9 luglio.

Quel giorno infatti Barack Obama visiterà la Spagna, all’interno di un viaggio in Europa annunciato dalla Casa bianca durante il quale il presidente americano sarà anche in Polonia. Con il re e con Rajoy Obama parlerà di sicurezza e di commercio, ma di sicuro cercherà anche qualche risposta sullo stato della politica spagnola, alla luce del pericolo corso dai due partiti di sistema.

Anche per questo oggi Rajoy chiederà ai socialisti un impegno in un eventuale governo mettendo sul piatto alcune promesse, come l’abbassamento delle tasse, un sostegno alle pensioni e soprattutto la possibilità di avviare una trattativa per una riforma della costituzione. A questo proposito Rajoy ha solo accennato alla questione, perché in parlamento ora siedono anche quelli di Unidos Podemos.

Stando a El Pais, che prosegue la sua campagna di demonizzazione della formazione di Iglesias, la presenza di Podemos potrebbe rischiare di far tornare in auge il dibattito «monarchia vs repubblica». Rajoy vorrebbe evitarla.

Bisogna però ricordare che si tratta di una paura eccessiva, visto che Podemos ha sempre specificato di non avere intenzione di compiere quella battaglia: non è ritenuta importante. Diverso il discorso per Izquierda Unida, ma il manico politico dell’opposizione, inutile negarlo, sarà per lo più nelle mani di Iglesias. Sempre che anche i mal di pancia interni a Podemos non portino a situazioni di grave dissidio interno.

Alcune voci critiche contro la gestione della campagna elettorale hanno già messo nel mirino Errejon, il responsabile della campagna e numero due del partito. E i più vicini a Errejon, in tutta risposta, non hanno fatto mancare critiche all’alleanza con Iu, cui erano contrari. Iglesias ha invitato tutti a tenere i nervi saldi, mentre si profila l’ipotesi di un congresso straordinario del partito.