L’Europa a trazione franco-britannica avrà le mani libere sulla fornitura diretta di armi ai «ribelli» siriani. Lo ha deciso a Bruxelles il vertice dei ministri degli Esteri dell’Unione, scegliendo di non rinnovare la parte di sanzioni riguardanti la vendita di armamenti alle parti in conflitto. Alla scadenza delle misure attualmente in vigore, il 31 maggio, ognuno dei paesi membri potrà decidere come meglio crede.

L’annuncio del sospirato accordo è arrivato lunedì notte dal ministro britannico William Hague, il quale ha comunque precisato che Londra per ora non ha intenzione di rifornire di armi le milizie dell’opposizione siriana, ma che «la rimozione dell’embargo consente di farlo in futuro, se la situazione dovesse degenerare». Tra i 27 paesi dell’Unione esisterebbe inoltre un’intesa nell’intesa in base a cui nessuna transazione di armi avverrà da qui al 1° agosto. Una cautela di facciata, che consentirebbe di riesaminare la questione alla luce di eventuali esiti della Conferenza di pace in programma a giugno a Ginevra. Ma è evidente che la decisione europea, dopo il rifiuto da parte dell’opposizione siriana di sedere al tavolo della trattativa se prima Assad non si farà da parte, aggiunge un altro serio ostacolo alla possibilità che la conferenza, la cosiddetta «Ginevra 2», abbia effettivamente luogo. La Russia, che sul fronte diplomatico si è spesa più di ogni altro per una soluzione politica, attraverso il suo ambasciatore presso la Nato, Alexander Grushko, accusa Bruxelles di voler gettare «benzina sul fuoco».

Ieri la notizia sui vari siti internazionali era quasi oscurata dalla conferma che Mosca venderà al regime di Damasco missili anti-aerei S-300 come «deterrente» a un eventuale intervento esterno. Nel caso «Israele saprà cosa fare», ha detto il ministro della Difesa di Tel Aviv, Moshè Yaalon.

In seno alla Ue, al termine di un dibattito durato mesi, ha infine prevalso la linea interventista di Francia e Gran Bretagna. Critico il ministro degli Esteri austriaco Michael Spindelegger, secondo il quale inviare armi è «contrario ai principi» dell’Europa. Anche paesi come la Svezia, i Paesi Bassi e il Belgio fanno sapere che non hanno alcuna intenzione di armare i ribelli. E il ministro degli Esteri italiano Emma Bonino fa sapere che proporrà al governo Letta una linea analoga. L’accordo, che è figlio della «tentazione di rinazionalizzare certe competenze», secondo Bonino «non è stato un momento glorioso per l’Europa».
Di tutt’altro avviso il presidente francese Hollande, secondo il quale una maggiore «pressione militare» su Assad finirà per favorire la «soluzione politica». «È il momento della verità che attendevamo da mesi» ha esultato Khaled al-Saleh, portavoce della Coalizione nazionale dell’opposizione siriana.