Andrea Padovani, insieme a Lugi Pastorino appena riconfermato in Liguria, è uno degli ultimi “sopravvisuti” della sinistra nei consigli regionali della penisola. Classe 1986, una laurea in scienze del governo, cresciuto politicamente nella giovanile di Rifondazione e nel movimento studentesco dell’Onda. Candidato valdostano per L’Altra Europa nel 2014 e già consigliere regionale, dal 2016 al 2018, con L’Altra Valle d’Aosta. Nel 2018 aveva mancato l’elezione per 4 voti e oggi è uno dei sette consiglieri di Progetto civico progressista che riunisce Pd, Europa Verde e Rete Civica, espressione progressista e autonomista della VdA.

La Lega è il primo partito con il 23% scalzando lo storico primato dell’Union Valdôtaine che ha retto più del previsto ma che ha ottenuto solo qualche decimale più di voi. Ci spieghi il vostro 15%?

I valdostani hanno apprezzato che ci siamo uniti e che abbiamo presentato una lista che raccoglie diverse esperienze politiche e sociali progressiste della Valle e un programma concreto di alternativa sia alla destra sovranista che a al modo con il quale si è governata la regione fino ad ora.

La Lega, con l’esclusione dal consiglio regionale della lista FdI-Forza Italia che non ha raggiunto il quorum, ha molte difficoltà a costruire una maggioranza. Quali sono gli scenari e quali, nel caso, le tue e le vostre condizioni per un’alleanza con una parte degli autonomisti?

A un governo a trazione salviniana, che sarebbe una sciagura per la Valle, c’è solo un’alternativa: una maggioranza progressista insieme a una parte delle forze autonomiste come è avvenuto con la candidatura del civico Gianni Nuti a Sindaco di Aosta e che, oggi, va al ballottaggio con oltre il 38% dei voti. Per me il discrimine è sempre il programma: abbiamo da utilizzare i soldi che arriveranno dall’Europa, diversi milioni di euro. Io credo che le priorità siano un welfare inclusivo che risponda alle esigenze di tutta la popolazione, una sanità efficiente che abbatta le liste d’attesa e la costruzione di un nuovo ospedale ad Aosta, l’attuazione del piano “rifiuti zero” contro qualsiasi ipotesi di inceneritore e non è più rinviabile l’istituzione dell’osservatorio regionale antimafia, anche per le note vicende che hanno travolto la Giunta precedente.

Come ti senti ad essere uno dei pochi rappresentanti istituzionali della sinistra, anche se oramai senza più un partito di riferimento? Con chi pensi di confrontarti nel tuo lavoro in regione?

La sinistra in questo paese ha bisogno di ritrovarsi e di lavorare per l’unità ma a partire da temi concreti, fuori dalle alchimie elettorali. Dopo Rifondazione l’ultima esperienza per me è stata L’Altra Europa. Appurato che anche quel tentativo unitario è naufragato ho deciso di dedicarmi a un lavoro unicamente territoriale. Sono come tanti e tante della mia generazione un “orfano”, politicamente parlando. Credo che, come si diceva un tempo, sia sempre più necessario “agire localmente pensando globalmente” anche se sento tutta la solitudine politica di questa fase storica. Per questo il mio lavoro sarà tutti i giorni con gli “invisibili”, gli ultimi, che anche in una regione apparentemente ricca come la Valle d’Aosta, esistono e sono sempre più ai margini. Ovviamente continuerò il confronto con tutte le associazione e le realtà civiche con le quali ho lavorato in questi anni.